L’edizione 2018 di Cinque mostre – format con cui ogni anno l’Accademia Americana di Roma presenta i lavori dei suoi borsisti, ma non solo – è curata da Ilaria Gianni che ha scelto l’evocativo titolo “The Tesseract”.
Ma cos’è un tesseratto? Si mangia? Assomiglia a un’aspirapolvere? È pericoloso? Scommetto comunque che nessuno di voi possiede un tesseratto, e che pochi di voi sanno cos’è, eccetto matematici e nerd appassionati di fantascienza. Il tesseratto è infatti una figura geometrica astratta composta da un cubo quadridimensionale, ovvero qualcosa che sta al cubo come il cubo sta al quadrato, per dirla alla Abbott in Flatlandia. Scienziati, intellettuali, artisti ci hanno fantasticato sopra già da fine ‘800, immaginando mondi a dimensioni plurime in cui spazio e tempo seguissero dinamiche assolutamente bizzarre e incomprensibili. Per questo viene spesso usato nei film di fantascienza, a mo’ di deus ex machina, per risolvere buchi di sceneggiatura, nel peggiore dei casi, o situazioni complicate – prendi Interstellar di Nolan per esempio. Ma cosa c’entra con l’arte? Ecco che non mi pensate quadri(multi?)dimensionalmente! Provateci voi a mettere insieme in una mostra artisti, scrittori, architetti, musicisti, ognuno con una sua ricerca peculiare, una sua ossessione, un suo mezzo preferito di espressione, eterogenei come solo i borsisti dell’AAR possono essere: possiamo dire che non solo il loro lavoro si esprime multidimensionalmente, ma che essi stessi sono le differenti dimensioni di una stessa realtà.
Cinque Mostre 2018: The Tesseract Exhibition view, American Academy in Rome , ph Altrospazio
Così capita di passare senza nemmeno accorgersi – come si scivola tra le diverse dimensioni – dalle divagazioni in salsa afro di Sanford Biggers (ma con immancabili strizzatine d’occhio alle rovine romane), alle giacche green (nel vero senso della parola, essendo fatte di…piante vive!) delle designer Alison B. Hirsch e Aroussiak Gabrielian, dall’angolo squisitamente onirico di Matteo Nasini (onirico perché si tratta di onde cerebrali registrate durante i sogni e convertite poi in sculture astratte) al potpourri di oggetti, poesie, dipinti e fotografie a tema canino e gattaro messo su da Rochelle Feinstein, Allen Frame, Ishion Hutchinson.
Il patio centrale dell’AAR sembra per l’occasione travestito da ipercubo, per merito delle traiettorie a mosaico dei designer Jennifer Birkeland e Jonathan Scelsa, anche se il riferimento è ai patii delle antiche ville romane.
Scendendo nel criptoportico la faccenda si complica ulteriormente. L’opera-gossip di Arnisa Zeqo, in bilico tra realtà e finzione, coinvolge visitatori e residenti dell’American Academy in un gioco artistico e sociologico sulla creazione del gossip, dei pettegolezzi, in grado di creare una nuova dimensione temporale non lineare: si parte da un’idea dell’artista messicano Ulises Carrión, si arriva al progetto multiforme realizzato insieme ad altri artisti, tra cui Tricia Treacy. Altro episodio squisitamente pluridimensionale è il trailer Janus, primo capitolo di un progetto di performance scultorea, frutto della ricerca sinergica di film-maker (Sean Gullette), architetti (Brandon Clifford), compositori (Simone Conforti e Federico Gardella).
Mario Finazzi
Mostra visitata il 16 marzo
Dal 14 febbraio al 25 marzo 2018
Cinque Mostre 2018: The Tesseract
American Academy in Rome, Gallery,
Via Angelo Masina 5, Roma
Orari di apertura: sabato e domenica dalle 16.00 alle 19.00
Info: www.aarome.org