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«Cosa c’è da vedere per me a Roma che altri non abbiano già visto prima di me? Cosa da toccare, che altri non abbiano già toccato? Cosa c’è da sentire, da imparare, da ascoltare, da sapere che potrebbe emozionare me per primo, prima di passare a altri? Cosa posso scoprire? Niente, assolutamente niente» si lamentava Mark Twain nel 1869, a proposito di un suo viaggio nella capitale.
E ancor di più oggi, non esiste più una veduta vergine del paesaggio capitolino, e ogni landmark è diventato pop, è stato cartolinizzato, registrato prima attraverso le stampe o i dipinti, poi attraverso le moderne tecnologie e gli smartphone.
I siti turistici principali sono sempre gli stessi, e così i punti di vista, tanto da poter essere appuntati su una antica mappa della città (quella utilizzata da Flavio De Marco come “copertina” della mostra), quasi una costellazione – asterismo, in astronomia, indica la figura formata da un gruppo di stelle.
Partendo anche da queste riflessioni, l’artista interviene pittoricamente su vecchie stampe e dipinti dozzinali di Roma – acquistati in giro e quindi chiamati dall’artista ready made – e a prima vista il discorso sembrerebbe fermarsi qui: un pittore a la page che inventa un semplice scherzo concettuale tra tradizione e innovazione.
E invece i livelli interpretativi sono forse più complessi e stratificati. Alcune opere più vecchie, datate 2008, arrivano direttamente dalla stagione delle finestre – finestre di sistema operativo, superfici bidimensionali tratte da altre superfici bidimensionali, gli schermi, e dipinte su altre superfici dimensionali, le tele o i fogli (ricordate quanto diceva Maurice Denis? E tutte quelle considerazioni sulla finestra prospettica da Alberti a Paolini?) – e dei velamenti-svelamenti a volte quasi metafisici delle immagini.
Nelle opere più recenti, invece, prevalgono pennellate astratte libere e espressive, e colature di colore, con cui l’artista ricopre i vari Colossei o le Piazze di Spagna dipinti da pittori della domenica. Quelli che potrebbero essere semplici e ruffiani espedienti, estetici prima che concettuali, per superare un impasse creativo e magari strizzare l’occhio al mercato, trovano la corretta chiave di lettura nell’esperienza di “Stella” (2011-2014) in cui il linguaggio della pittura, di paesaggio nello specifico, è stato decostruito da De Marco per poi essere riproposto in infinite ricombinazioni. In quel folle progetto di riformulazione di un nuovo mondo paesaggistico e turistico – un’isola immaginaria – comprensivo di un libro-guida turistica d’artista, si potevano vedere infinite parlate pittoriche affastellarsi freneticamente sulle tele e sulle carte – dalle taches alla pennellata espressionista, dalla grafica digitale alla non-cura schifaniana – a volte giustapposte a smascherare la finzione della superficie-paesaggio.
Mario Finazzi
mostra visitata il 2 luglio
Dal 28 maggio al 25 settembre 2015
Flavio De Marco – Asterismo
Ex Elettrofonica,
Vicolo di Sant’Onofrio 10, 11, Roma
Orari: dal martedì al venerdì 16.00 – 20.00
Sabato su appuntamento
Info:06.64760163, info@exelettrofonica.com