Una storia davvero privata, intensa e sentimentale, quella di Giovanni e Maria Rosa Cotroneo, che merita non solo di essere apprezzata, ma soprattutto vissuta, attraverso lo sguardo amorevole, instancabile, austero dei tanti artisti -da
Luciano D’Alessandro a
Mimmo Jodice– presenti nella collezione.
Le infinite possibilità della luce e del colore, la forza dei soggetti ritratti, la sperimentazione tecnica, l’astrattismo più imperioso si aprono in tutte le loro sfumature di fronte ai visitatori. L’obiettivo scruta, elabora, studia e pone domande di fronte alle quali ci si sente turbati: l’indagine fotografica si spinge sempre un po’ più in là, sembra quasi non avere freni, proprio per permettere agli occhi di ripensare il mondo e di viverlo con sentimenti nuovi. Le atmosfere si rincorrono, in un continuum di variazioni: la crudezza e la forza drammatica del reportage, l’evanescenza delle figure che si mescolano tra loro come in un magma, il ritmo delle installazioni, la leggerezza dei contrasti di luce e ombra. Tutto concorre a rendere questa mostra l’emblema di un diverso e significativo approccio alla realtà.
Ecco allora apparire il corpo e le sue forme (stilizzate, evanescenti, sfocate) in
Gamba argentata (1992) di
Mussat Sartor o ne
La tempesta (1991) di
Pisani o, ancora, in
Alma coming to me (2007) di
De Paolis. E poi, persi in un gioco che ci riporta all’infanzia, si potrebbe rimanere ore a lasciarsi cullare dal vento de
Il teatro della neve (1984-1986) di
Giacomelli, con tutti quei i panni stesi, lievi e candidi, inondati dal calore del sole.
Ma c’è di più. La sfida dell’astratto è raccolta con sapienza da
Silvio Wolf con
Icona di luce n.4 (1994) e da
Alfredo Pirri che, nella sua installazione
Parole (2006), gioca attraverso l’illuminazione con la sperimentazione e l’utilizzo di diverse tecnologie.
Il paesaggio culturale e umano del nostro Paese è l’altro attore protagonista della mostra, ben rappresentato dalle scene di vita vera catturate da
Scianna, dalle ricostruzioni di
Paolo Ventura ne
Il salotto della signora Mauri devastato dai bombardamenti, 1943 (2005), dal ritratto critico di
Gabriele Basilico in
Napoli-Caserta (1996) o, ancora, dalle immagini romantiche e intrise di memoria di
Berengo Gardin in
San Marco, Venezia (1959).
Guardando gli scatti esposti, ci si perde in un universo di sensazioni nitide, forti, a volte violente, che invogliano a proseguire nel percorso della mostra, lasciandosi guidare dal duplice gusto (esteticamente raffinato ma mai scevro di contenuti) dei coniugi Cotroneo.
Una storia privata è un’occasione irrinunciabile per scoprire la fotografia e i suoi segreti, attraverso grandi nomi e grandi promesse dell’arte contemporanea.