Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
17
giugno 2009
fino al 25.VII.2009 Louise Nevelson Firenze, Il Ponte
roma
Collage nascosti per tutta una vita e ancora intrisi di mistero riaffiorano al presente. Portando con sé, uno dopo l'altro, gesto a seguire gesto, il ricordo di una grande personalità femminile. Rara scultrice del secolo Novecento...
È certo strana, nonché probatoria di una non troppo remota avversione per le donne in arte, la constatazione che la scultrice statunitense di origine ucraina Louise Nevelson (Kiev, 1899 – New York, 1988), nonostante un’attività durata mezzo secolo, almeno in Italia non abbia goduto dei dovuti approfondimenti da parte di critica e pubblico.
Altrettanto strana è l’associazione fra l’unica tipologia di opere sinora riferibile all’artista – vigorosi assemblaggi di materiali lignei, scanditi in periodi nero, bianco, oro – e le seguenti parole: “Sento nelle mie opere qualcosa di assolutamente femminile. C’è qualcosa nella mentalità femminile che può salire al Cielo. La mente femminile è positiva e non è uguale a quella dell’uomo”. Quale fu dunque l’intima natura di quegli strani monoliti riempiti di oggetti dimenticati?
A risolvere la questione in entrambi i sensi, ripresa dell’interesse per la Nevelson e carattere femminile della sua arte, è l’importante iniziativa congiunta della Galleria Il Ponte e Mara Coccia: un’esposizione d’inediti collage, risalenti al periodo 1959-1986.
Anche nell’ambito bidimensionale resta costante l’uso del legno, ricordo di un’infanzia trascorsa nella natura del Maine e soprattutto riferimento a una precisa poetica dell’oggetto. Si consideri al riguardo che tutti i materiali raccolti dall’artista erano sottoposti a ulteriore lavorazione soltanto dopo l’applicazione sul piano, per il sospetto che ogni intervento a priori ne avrebbe corrotto l’autenticità.
Pezzi, detriti, frammenti, brandelli venivano interpretati dalla scultrice come pagine di storie autonome, esistenze altre che, proprio nell’impossibilità di esser conosciute, diventavano oltremodo evocatrici, e per conseguenza permeanti la materia di un sapore misterico.
La sostanza esoterica delle composizioni si apriva allora a una varietà formale enorme: i collage sono in alternanza richiami alle grandi avanguardie, costellazioni contro lo sfondo del cielo notturno, riflessioni sullo spazio, ritmi di luce e ombra, feticci sciamanici, pittura segnica e gestuale.
Già in tale ritmo sfalsato, che pone la vivacità un gradino sopra la riflessione, tende a rivelarsi un carattere di donna; la conferma definitiva giunge però dal dettaglio, da un’osservazione oltremodo ravvicinata. Perché è proprio fra le trame infinite dei corpi che può mostrarsi appieno la preziosità del gesto: piccoli strappi, gocce di colore, strisce minime; in tutto ciò che è minuto si svela l’abile tocco di mani femminili. Dita delicate e sapienti, tali da richiamare tecniche orientali; dita capaci di tramutare in atto creativo la propria vulnerabilità.
Ecco dunque che, dietro ogni rottura di Nevelson, è rintracciabile una spiccata dolcezza, come in ogni ragno di Louise Bourgeois s’esplicita un’idea forte di maternità. In entrambi i dualismi, la particolarità inarrivabile della migliore arte femminile, quanto, nel suo esclusivo modo, davvero può salire al cielo.
Altrettanto strana è l’associazione fra l’unica tipologia di opere sinora riferibile all’artista – vigorosi assemblaggi di materiali lignei, scanditi in periodi nero, bianco, oro – e le seguenti parole: “Sento nelle mie opere qualcosa di assolutamente femminile. C’è qualcosa nella mentalità femminile che può salire al Cielo. La mente femminile è positiva e non è uguale a quella dell’uomo”. Quale fu dunque l’intima natura di quegli strani monoliti riempiti di oggetti dimenticati?
A risolvere la questione in entrambi i sensi, ripresa dell’interesse per la Nevelson e carattere femminile della sua arte, è l’importante iniziativa congiunta della Galleria Il Ponte e Mara Coccia: un’esposizione d’inediti collage, risalenti al periodo 1959-1986.
Anche nell’ambito bidimensionale resta costante l’uso del legno, ricordo di un’infanzia trascorsa nella natura del Maine e soprattutto riferimento a una precisa poetica dell’oggetto. Si consideri al riguardo che tutti i materiali raccolti dall’artista erano sottoposti a ulteriore lavorazione soltanto dopo l’applicazione sul piano, per il sospetto che ogni intervento a priori ne avrebbe corrotto l’autenticità.
Pezzi, detriti, frammenti, brandelli venivano interpretati dalla scultrice come pagine di storie autonome, esistenze altre che, proprio nell’impossibilità di esser conosciute, diventavano oltremodo evocatrici, e per conseguenza permeanti la materia di un sapore misterico.
La sostanza esoterica delle composizioni si apriva allora a una varietà formale enorme: i collage sono in alternanza richiami alle grandi avanguardie, costellazioni contro lo sfondo del cielo notturno, riflessioni sullo spazio, ritmi di luce e ombra, feticci sciamanici, pittura segnica e gestuale.
Già in tale ritmo sfalsato, che pone la vivacità un gradino sopra la riflessione, tende a rivelarsi un carattere di donna; la conferma definitiva giunge però dal dettaglio, da un’osservazione oltremodo ravvicinata. Perché è proprio fra le trame infinite dei corpi che può mostrarsi appieno la preziosità del gesto: piccoli strappi, gocce di colore, strisce minime; in tutto ciò che è minuto si svela l’abile tocco di mani femminili. Dita delicate e sapienti, tali da richiamare tecniche orientali; dita capaci di tramutare in atto creativo la propria vulnerabilità.
Ecco dunque che, dietro ogni rottura di Nevelson, è rintracciabile una spiccata dolcezza, come in ogni ragno di Louise Bourgeois s’esplicita un’idea forte di maternità. In entrambi i dualismi, la particolarità inarrivabile della migliore arte femminile, quanto, nel suo esclusivo modo, davvero può salire al cielo.
articoli correlati
Louise Nevelson da Mara Coccia a Roma
matteo innocenti
mostra visitata il 29 maggio 2009
dall’otto maggio al 25 luglio 2009
Louise Nevelson – Collages
a cura di Andrea Allibrandi e Mauro Panzera
Galleria Il Ponte
Via di Mezzo, 42/b – 50121 Firenze
Orario: da lunedì a venerdì ore 16-19.30
Ingresso libero
Catalogo disponibile
Info: tel. +39 055240617; fax +39 0555609892; info@galleriailponte.com; www.galleriailponte.com
[exibart]