Un lavoro pulito, sintetico, essenziale. E al contempo carico di spunti di riflessione. Una videoinstallazione sola al centro della sala, in grado di riempire uno spazio vuoto con il semplice sguardo di due donne. Mentre intorno si muove lo spettatore, a cui è concesso di alternare più punti di vista modificando prospettive e finanche l’ottica registica.
Luigi Rizzo (Brescia 1971; vive a Milano) propone a Roma un progetto che ricostruisce l’idea di un vagone del metrò attraverso due schermi sospesi su cui sono proiettati, uno di fronte all’altro, due mondi distanti, che pure subiscono una certa attrazione. Juliette & Dorotea rappresentano due diverse tipologie femminili: da una parte la borghese tirata nella postura, dall’altra la donna giovane e semplice. Una bianca, una nigeriana. Ma lo scambio di sguardi, o meglio questo continuo osservarsi, lascia trasparire un più complesso confronto che apre ampie riflessioni di vario ordine. Entrano in gioco i rapporti femminili e le relazioni sociali, l’attrazione e il rifiuto dell’altro da sé, il distacco urbano evidenziato dall’estrapolazione contestuale che passa per la ricostruzione dell’ambiente/vagone nell’installazione in galleria.
Emerge in modo chiaro una riflessione cinematografica dell’artista, un riferimento che traspare dalla costruzione del video, dalle inquadrature e dal taglio fotografico. Rizzo evoca David Lynch, ma lo studio continuo e profondo dell’altro, mascherato da un’apparente noncuranza -soprattutto della donna benestante-, unite al silenzioso rapporto e ad un’atmosfera chiaramente europea, rimanda più che altro a certa cinematografia francese e ad alcune performance di Isabelle Huppert.
Sovviene anche alla memoria, richiamata dalla delicata tensione tra le due, lo studio del rapporto femminile e la riflessione socio/antropologica di Claude Chabrol ne La Cerimonie chiaramente prive, nel progetto di Rizzo, delle connotazioni tragiche e romanzate del film.
Una considerazione va fatta in merito all’aspetto tecnico, molto curato, che dimostra una profonda conoscenza del mezzo video da parte dell’artista, che concentra l’attenzione sullo spazio –fisico e mentale– proponendo perlopiù videoinstallazioni (come fu per la mostra Sonicity al Corviale a Roma, a cura, come questa, di Lorenzo Benedetti). In generale, quindi –al di là di questo singolo lavoro– l’architettura e il cinema si mostrano punti saldi per la ricerca di Rizzo. E tal proposito viene in mente, ad esempio, Noir, progetto in cui l’evidente citazione cinematografica nascondeva un coinvolgimento percettivo dello spettatore, spaesato all’interno di un noir non solo filmico.
federica la paglia
mostra visitata il 25 ottobre 2006
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