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fino al 26.I.2007 | Idea | Roma, Istituto Nazionale per la Grafica

di - 12 Gennaio 2007

Non è certo prova di sorprendente originalità tessere le lodi al disegno come strumento espressivo maggiormente vicino al pensiero in sé. Il mezzo praticamente e spiritualmente meglio adatto a fermare nella sua disincarnata immediatezza anche l’intuizione più sfuggente: “perché il disegno […] cava di molte cose un giudizio universale, simile a una forma overo idea di tutte le cose della natura” (Vasari, tanto per andare sul sicuro). Pure, ogni mostra in cui ci si trova a confronto con dei disegni rinnova la sorpresa e vibra di una peculiare suggestione, fondata com’è su di un’estetica della semplicità –meglio ancora, dell’essenzialità– sempre meno agevole per la pletora di nuovi mezzi espressivi a disposizione.
La collettiva romana in questione non tradisce le aspettative vagamente neoplatoniche appena esposte, anche se in verità il proprio obiettivo (nonostante le pur lodevoli esercitazioni su Panofsky & Co. svolte dai curatori nei testi introduttivi) si mostra assai più ambizioso, consistendo cioè nel tentativo di tracciare una mappa dell’intera arte italiana degli anni Novanta, non solo attraverso opere su carta.
Gli artisti coinvolti depongono a favore di una simile interpretazione, riunendo Stefano Arienti, Massimo Bartolini, Vanessa Beecroft, Simone Berti, Maurizio Cattelan, Stefania Galegati, Eva Marisaldi, Liliana Moro, Diego Perrone, Paola Pivi, Grazia Toderi e Vedovamazzei.
E ancora, una considerazione di Claudio Guenzani riportata in catalogo illumina assai bene l’insieme: “non sono un gruppo, non sono un movimento, non sono l’Arte povera né la Transavanguardia […] Per emergere i giovani hanno dovuto uccidere il padre e la madre, in senso freudiano. Certo poteva succedere solo a Milano, perché a Torino o a Roma, dove queste presenze paterne e materne erano tanto più forti e vicine, questa operazione di autopulitura e autoinvestimento sarebbe stata più difficile”.

In effetti, la predominanza di artisti di area milanese è indubbia, e pare affermare una sorta di riconquistata indipendenza –maturata proprio nel corso degli anni Novanta– da scuole e correnti ancora ingombrantemente presenti in altri centri, ripartendo dalle radici stesse del fare artistico, il disegno appunto. Un disegno assunto nella stragrande maggioranza dei casi con una valenza espressiva a sé stante, fortemente incentrata su aspetti per così dire più intimistici e riflessivi.
Alle volte l’accostamento delle opere rischia d’incrinare la fragile semplicità del disegno: è il caso dell’installazione di Massimo Bartolini, dove un’onda a base di acqua emulsionata, percorsa da un moto perpetuo di straniante bellezza, relega in assoluto secondo piano la delicata matita su carta ripiegata appesa poco distante. Altrove s’impone ora una ricerca forte di cortocircuito ironico (emblematico l’arguto intervento del duo Vedovamazzei, che presenta un tavolo da biliardo la cui forma ripropone esattamente il disegno planimetrico dell’Istituto Nazionale per la Grafica), ora uno sforzo tra il divertito e il pensoso d’interrogare addirittura lo statuto umanistico del disegno (si prenda la kinky machine di Eva Marisaldi, un piccolo robot artigianale che traccia linee sbavate e insicure sulla carta).
E ancora, da segnalarsi Maurizio Cattelan con il suo lavoro Supermoi, una raccolta di cinquanta fotocopie di propri identikit, commissionate dall’artista ad amici e conoscenti che si sono recati in diversi uffici di polizia per descriverlo. Come in un immenso cluedo, l’identità individuale viene qui deformata attraverso il disegno tanto dall’apparato di controllo dell’ordine pubblico che dallo stesso artista, ancora una volta maestro nel parassitare il sistema (non solo dell’arte) di cui vive, irridendolo e al contempo alimentandolo.

Se poi si vuole proprio trovare un lavoro che più di altri sembra preservare quella purezza ed essenzialità idealmente proprie del disegno, è forse nella saletta riservata a Grazia Toderi che conviene sostare più a lungo. Associati a un video che sovrappone gli spazi siderali a quelli di dimore nobiliari, i suoi Ragazzi caduti dal cielo (otto disegni su carta raffiguranti moduli spaziali accostati a soglie e mobili delle medesime antiche dimore) svelano infatti un gusto raffinato per il particolare e una raffreddata incongruità di rara intensità.

luca arnaudo
mostra visitata il 30 dicembre 2006


Idea. Disegno italiano degli anni novanta
A cura di Laura Cherubini e Giorgio Verzotti
Roma, Istituto Nazionale per la Grafica
Palazzo Fontana di Trevi
dal 15 dicembre 2006 al 26 gennaio 2007
da martedì a domenica ore 10-10. Chiuso lunedì
per informazioni tel. 06-69980242 / 06-69921454 (fax)
www.grafica.arti.beniculturali.it/home.htm
Ingresso gratuito


[exibart]

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  • come i torroncini per il Cavalier Condorelli... "è sempre un piacere" leggere righe così ben stese, nelle quali non stona, lì per lì, un pizzico di gustosa ironia..

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