Dopo la fondazione di Roma, il primo sovrano dell’Urbe, per popolare la città, inviò ambasciatori alle popolazioni vicine per chiederne le donne in spose. Il rifiuto fu la causa del ratto delle sabine, riuscito grazie a uno stratagemma ideato dallo stesso Romolo. Così è raccontato il celeberrimo rapimento dalle numerose fonti latine, da Tito Livio a Plutarco.
Fra storia e leggenda, i sabini entrano nell’immaginario collettivo proprio per il mitico “ratto”, ma naturalmente non rappresentano solo questo. L’ambizioso progetto allestito al Complesso del Vittoriano intendeva dimostrarlo, restituendo uno spaccato storico, artistico e archeologico di questa popolazione ancora non abbastanza conosciuta.
L’intento non è però riuscito. La mostra non rende infatti giustizia all’antica popolazione italica, insediata al centro della penisola dal X-IX secolo a.C. Si tratta di una mostra modesta, con opere di fattura talvolta scadente, a iniziare dagli artisti minori che hanno preso spunto dal leggendario evento, per concludere con scarsi reperti archeologici, in un allestimento caotico e soffocante, che preclude una visione ottimale anche delle opere più preziose.
Introdotto da un video di Michele Placido, il percorso prende avvio con una serie di lavori che celebrano il
Ratto delle Sabine attraverso i secoli; tra queste, il dipinto di
Luca Giordano e quello del
Sodoma, e alcuni codici miniati del XIII e XIV secolo. Per quanto riguarda le testimonianze archeologiche, riguardano i rinvenimenti in alcuni siti della provincia di Rieti. Brocche, tazze e alcuni
kylix a figure rosse provenienti da Cures e Collevecchio; il cippo di Cures, una delle rare iscrizioni in lingua sabina; uno splendido Trono, detto del Re di Eretum, in terracotta e a grandezza naturale, ritrovato insieme a una spada in una tomba tricamerale a croce in quel di Montelibretti.
Per il resto, vaghi di collana e fibule a volontà. L’ultima sala coniuga alla rinfusa manifesti cinematografici, opere letterarie che prendono in esame il mito, fra cui Trilussa, antiche carte della Sabina storica e le fotografie di
Wayne Schoenfeld, nella sua monumentale e cruenta interpretazione del mitico episodio. Chiude il percorso una serie di spezzoni di tre film che reinterpretano il ratto:
Totò. Il ratto delle sabine,
Sette spose per sette fratelli e
Sotto il segno dello Scorpione.