Fino al 26 novembre la Fondazione Pastificio Cerere e The Gallery Apart, con il supporto del Forum Austriaco di Cultura a Roma, ospitano la doppia personale dell’artista austriaco Oliver Ressler a cura di Mike Watson, “Transnational Capitalism Examined”.
Artista e attivista politico, Oliver Ressler utilizza il linguaggio artistico per portare alla luce gli atti illeciti compiuti dalle politiche contemporanee, solitamente celati e così proporre nuove strategie di sviluppo e crescita collettiva.
Finanza, guerra ed ecologia sono le tre parole chiave del nostro tempo e sono anche i tre punti cardine intorno ai quali si sviluppano le due mostre. Ressler svela l’altra faccia della globalizzazione, un tempo promessa di libertà illimitate, oggi nuovo sistema di controllo, sfruttamento e restrizione condizionato dal capitalismo finanziario, da azioni militari che evidenziano il legame tra imprese e guerra, dallo sfruttamento del settore energetico tramite l’estrazione dei beni. A rendere il quadro più complesso è l’espansione a livello trans-nazionale di questi fenomeni, il che rende impossibile una concreta localizzazione del problema ed una gestione da parte di singoli soggetti politici o dai rispettivi governi.
“Transnational Capitalism Examined: Dancing on Systemically Important Graves”, ospitata nelle sale della Fondazione Pastificio Cerere, riunisce opere video degli ultimi 13 anni della produzione di Ressler, che dimostrano l’approccio artistico dell’autore al genere del documentario. L’artista ci conduce con i suoi lavori in un lungo viaggio verso la scoperta della vera faccia delle politiche contemporanee.
Ad introdurre la mostra è il progetto European Corrections Corporations, incentrato sul fenomeno della crescente privatizzazione delle prigioni in Europa e mette in discussione il sistema carcerario, ad approfondire il tema è l’opera video European Corrections Corporation (Imprisonment in Great Britain) (2003) basata sull’intervista all’attivista britannico Mark Barnsley, incarcerato per otto anni in ventidue differenti prigioni private e statali in Gran Bretagna, che si è costantemente rifiutato di lavorare al loro interno. Barnsley mostra come alla base sia delle prigioni gestite da privati che di quelle statali ci sia la concezione della criminalità come patologia e male sociale da contenere con la forza e ricorrendo alle macchine disciplinari. Il video pone il tema della funzione e trasformazione della prigione in istituzione e illustra delle possibilità di resistenza all’interno e all’esterno delle carceri.
In The Fittest Survive (2006), l’artista racconta di imprese di sicurezza private che offrono programmi di addestramento, da loro stesse sviluppati, a civili per simulare situazioni di conflitto, a diversi livelli di complessità, fino agli scenari di guerra. Il video mostra giochi di ruolo dove la finzione si dissolve a favore di una dimensione spaventosamente verosimile.
Completamente diverso il linguaggio utilizzato dall’artista in The Bull Laid Bear (2012) opera video realizzata in collaborazione con Zanny Begg nella quale i due affrontano la crisi finanziaria ed economica successiva al 2008. The Bull Laid Bear mette a nudo la recessione economica (bear market, mercato in ribasso) che si nasconde dietro ogni periodo di boom economico (bull market, mercato in rialzo). I quattro disegni digitali realizzati da Begg rendono il video più ironico, ma non per questo meno profondo.
A chiude la mostra sono i video: Leave It in the Ground (2013) che affronta il problema del riscaldamento globale, che generando desertificazione, siccità più frequenti, precipitazioni rare ma più intense e raccolti meno abbondanti, infiamma i conflitti sociali esistenti; e The Visible and the Invisible (2014) che racconta come negli ultimi anni, la Svizzera sia diventata il centro globale per il commercio di materie prime, attraverso però operazioni effettuate in un mondo completamente virtuale. Il che significa che l’impatto spesso catastrofico che l’estrazione e il commercio di materie prime in condizioni neocoloniali hanno sulle persone, l’ambiente e gli stati nelle zone di estrazione son concentrate nel Sud del mondo e non coinvolgono minimamente i cittadini svizzeri in modo diretto.
L’analisi che emerge dai lavori di Ressler, dunque, mette in luce le contraddizioni ed i cortocircuiti innescati dal sistema capitalistico e l’artista, nel mostrare quanto sta accadendo, sottolinea anche che tali eventi appartengono alla quotidianità di ogni singolo cittadino, con l’obiettivo di smuovere coscienze più o meno consapevoli. Attraverso l’utilizzo di un linguaggio asciutto, infatti, Ressler investe il visitatore della responsabilità della conoscenza: le informazioni fornite nel corso della mostra impongono inevitabilmente un approccio consapevole alla contemporaneità.
La seconda personale “Transnational Capitalism Examined: Border as Method” ospitata presso The Gallery Apart mette in mostra i lavori più recenti dell’artista, che analizzano il volto visibile del capitalismo globale, rappresentato dalle rivolte sociali, dal collasso economico, dalle migrazioni non documentate e dall’ingresso in Europa di rifugiati provenienti da zone di guerra. Volendo individuare una parola chiave di questa seconda mostra, potremmo parlare del confine, come elemento sia fisico sia culturale.
La mostra propone tre film, e una serie di lavori fra cui fotografie, lightbox, wallpaper e floor paper.
Il film inedito Emergency Turned Upside-Down, introdotto in mostra da floor paper esposto al centro della galleria, racconta dell’ ‘estate della migrazione’ del 2015, quando il sistema di Schengen fu sospeso per molte settimane e alcuni stati europei aprirono i confini ai rifugiati dalla Siria e da altre zone di guerra nel mondo. Come sappiamo la ‘cultura dell’accoglienza’ non è durata a lungo e alcuni stati dell’Unione Europea hanno risposto ai flussi migratori con il ripristino delle frontiere.
Sulle concetto di barriera, in questo caso inesistente ma per non questo non altrettanto pericolosa, si focalizza il grande wallpaper The economy is wounded – let it die! (2016), che mostra alcune navi cargo in procinto di affondare, metafora di un sistema economico che si basa sul commercio globale e produce catastrofi ecologiche e sociali giorno dopo giorno.
The Right of Passage (2013) – il terzo film frutto della collaborazione fra Zanny Begg e Oliver Ressler – si concentra sulle lotte volte ad ottenere la cittadinanza, interrogandosi nel contempo sulla natura implicitamente escludente dei concetti di confine e di nazionalità.
L’artista presenta così uno scenario complesso ed articolato, analizzando e denunciando in modo diretto e mirato gli eventi e i rappresentanti di ciò che ritiene essere l’origine di un sistema globale malato. Ressler, non parla mai di un singolo governo o gruppo politico, ma piuttosto utilizza esempi specifici per incentivare l’analisi di un sistema culturale e politico che sotto diversi punti di vista mostra il suo aspetto fallace e che chiaramente si sta avviando verso l’implosione. E per fare tutto ciò non si serve di un linguaggio poetico, ma piuttosto utilizza la capacità critica dell’arte per mettere in mostra ciò che sta avvenendo, libero da qualsiasi indugio.
Pia Lauro
mostra visitata il 10 novembre
Dal 27 settembre al 26 novembre 2016
Fondazione Pastificio Cerere
Transnational Capitalism Examined: Dancing on Systemically Important Graves
The Gallery Apart
Transnational Capitalism Examined: Border as Method
Fondazione Pastificio Cerere
Via degli Ausoni 7, Roma
Lunedì – Venerdì 15.00-19.00, Sabato 16.00-20.00
The Gallery Apart
Via Francesco Negri 43, Roma
Martedì – Sabato 15.00 – 19.00 o su appuntamento