Dopo le polemiche sorte a Benevento intorno alla sistemazione del suo Batman sul campanile della chiesa di S. Sofia, Adrian Tranquilli (Melbourne, Australia, 1966; vive a Roma) giunge ad una nuova rielaborazione del carattere e del significato delle icone della cultura popolare. Lo fa in un ciclo di opere inedite presentato alla galleria di Stefania Miscetti nella personale Don’t forget the Joker, incentrata sulla ricerca sulla figura dell’antieroe, anticipando di un anno l’uscita del film di Christopher Nolan The Dark Knight.
Giocata su un’espressionistica contrapposizione di luce e ombra, bianco e nero, e caratterizzata da un’atmosfera decisamente noir sin nell’allestimento, con riflettori old style e un pavimento a grandi losanghe scure in sintonia con lo stile modernista dei film americani anni Quaranta, la mostra si sviluppa come un’articolata installazione ambientale. Un luogo capace di effetti teatrali e potenzialità interattive, nella quale l’artista ricrea una dimensione altra, parallela alla realtà, in cui, sulla scorta di Are You Lonesome Tonight laughing version di Elvis Presley (1969), il tempo lineare cortocircuita in un perturbante sfasamento.
Un mondo sospeso tra presente e passato, dove “tutto è possibile e niente è vero” e i confini tra i concetti stessi di bene e male, buono e cattivo, sano e malato, verso e falso sono labili e incerti. Ambigui quanto le sembianze da giullare o clown di Joker (The killing joke), che in un eccentrico frac introduce lo spettatore al centro della scena. Mutevoli come le fattezze dei volti-ritratto di Batman, Superman e SpiderMan (Don’ forget the Joker 1, 2, 3) deformati e resi quasi irriconoscibili dalla proiezione del ghigno ebefrenico di Joker, tanto da sollevare nel riguardante seri dubbi sull’identità nascosta dei suoi supereroi preferiti e suscitare in lui un oscuro sentire, simile a quello descritto da Jean Louis Schefer come “coscienza del delitto che precede il delitto stesso” (L’uomo ordinario del cinema, a cura di M. Canossa, Quodlibet, Macerata 2006).
Dopo averli demitizzati nelle vesti di stanchi impiegati o loser ridotti a dormire su giacigli di fortuna (Know yourself, 2002), dopo averli trasformati in marionette manovrate da un invisibile burtattinaio (These Imaginary Boys, 2005), Tranquilli approfondisce ora la sua critica del modello culturale occidentale arrivando a sondare livelli di maggiore complessità psicologica. Come non ricordare, infatti, l’interpretazione avanzata da Wystan Hugh Auden del personaggio shakespeariano di Jago come practical joker (Lezioni su Shakespeare, a cura di A. Kisch, Adelphi, Milano 2006): il santo invertito, il pazzo dissociato che muove le cose dal basso, autore lucido di atti malvagi gratuiti e insensati, almeno quanto i crimini commessi dallo snaturato e non meno conosciuto Dr. Jekyll-Mr. Hyde di Robert L. Stevenson. Rimane da stabilire quale delle due opposte identità dell’uomo occidentale sia, davvero, il Joker.
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Bellissime opere... bravo Adrian.