Entrando nelle sale di Palazzo Ruspoli si viene subito colpiti dalla qualità dell’allestimento. Le opere montate su parete scura con un allineamento centrale sembrano quasi fluttuare nel buio, poiché le luci rivelano solo l’opera, mettendo in secondo piano tutto il resto. Molto pertinente quindi l’impostazione spaziale, elegante e non dispersiva come richiede una mostra di capolavori storici. Il titolo,
Da Cranach a Monet, è da leggersi a titolo indicativo, ma nel suo essere didascalico non rispecchia la reale portata temporale delle opere esposte.
Ne sono state selezionate 57 per l’esattezza e vanno dal XIV al XIX secolo, dal gotico internazionale fino alla pittura vittoriana e preraffaellita. Non sono state esposte però le opere delle avanguardie storiche del primo Novecento. La collezione si è delineata a partire dal secolo scorso fino ad arrivare ai primi anni del secolo attuale, e i principi che hanno orientato la scelta delle opere comprendono un’ampiezza di vedute che coinvolge tutti generi della pittura, con un’attenzione particolare all’internazionalismo, al coinvolgimento di più scuole e più provenienze.
Ma analizziamo più da vicino la dimensione in cui questa collezione nasce, tenendo ben presente che una mostra la cui essenza proviene da una collezione privata non si esaurisce nella semplice esposizione di quadri e oggetti preziosi, ma ci racconta il preciso rapporto di un soggetto con l’arte, il suo sentimento, la sua ambizione. Juan Antonio Pérez Simón, malgrado l’eccellenza elitaria delle scelte, debitrici certamente del pragmatismo imprenditoriale e di certo non alla portata di un collezionista medio, non vive l’arte come esibizione di potere. Non vede in essa la possibilità di proiettarsi in un apparato di rappresentanza legato al lusso e al bello e volto al pubblico come ostentazione.
Il referente qui è sempre l’arte in sé, intesa come ambito elevato a cui l’umanità deve volgersi. Se di bellezza si può parlare, è in relazione a una condizione emotiva, colloquiale e umana tra opera e collezionista. Egli infatti basa il suo rapporto con l’arte a partire da memorie private, dall’amore per la sensualità femminile, e aggiungendo a questo la riflessione sul dolore umano e sull’effimero dell’esistenza. Quasi fosse una catarsi, dice al riguardo: “
Dinanzi al vortice del mondo contemporaneo e della mia attività imprenditoriale, l’arte è stata la fonte di riconciliazione con me stesso e il genere umano”.
Entriamo ora nei dettagli della mostra a Palazzo Ruspoli, tralasciando la collezione di provenienza, che non comprende solo quadri, ma anche sculture, grafiche, manoscritti e pezzi d’arte decorativa, per oltre un migliaio di opere. Nelle prime sale spiccano quadri appartenenti alla pittura olandese e fiamminga, tra cui
Bruegel,
Rubens,
Van Dyck,
Claesz; ma prima un assaggio di gotico internazionale, di rinascimento tedesco con
Lucas Cranach e di manierismo italiano con un bellissimo
Ritratto di Eleonora di Toledo granduchessa di Toscana del
Bronzino. A seguire, la pittura di paesaggio del Sei e Settecento, con opere di
Pannini,
Tiepolo,
Canaletto, e
Goya per il ritratto.
È tra i nuclei più cospicui dell’esposizione quello che si fonda sulla pittura impressionista: un’ampia scelta di opere di eccellente fattura, tra cui i classici per antonomasia:
Monet,
Renoir,
Pissarro. Per concludere, la pittura preraffaellita, altro punto di forza della collezione, con opere di
Dante Gabriel Rossetti,
John Everett Millais, e quella estetizzante dell’Inghilterra vittoriana. Da segnalare il bellissimo quadro di
Lawrence Alma Tadema,
Le rose di Eliogabalo, in cui l’artista descrive il tema mitologico con la raffinata maestria tecnica che lo caratterizza. Si notino le descrizioni minuziose dei particolari, ad esempio il manto di rose sollevato dall’aria che invade la scena del dipinto, i dettagli architettonici e quelli vestiari dei personaggi.
Agli appassionati verrà spontaneo aspettarsi una prossima mostra, con i capolavori del Novecento.