Si vaga come tra le isole di un arcipelago, attraversando
le sale della galleria, attirati dai differenti paesaggi che sâincontrano. Su
ciascuna isola si è accumulato qualcosa, come portato nel tempo dal mare:
qualcosa che occorre decifrare. Parole rese immagini, immagini convertite in
oggetti, oggetti trasformati in metafore.
Siamo entrati nella geografia di
Ruth Sacks (Port Elizabeth, 1977: vive a
Bruxelles). Artista giĂ presente al Padiglione Africano della Biennale di
Venezia 2007 e protagonista di diverse personali allâestero, di cui lâultima al
Cortex Athletico di Bordeaux. Ora Ruth è presente a Roma per la sua prima
monografica.
Si tratta di una raccolta di oggetti, una accumulazione di
idee e messaggi la cui interazione suggerisce il metodo di lavoro dellâartista,
continuamente spinta a modificare la propria azione, modificando di conseguenza
la leggibilitĂ e fruibilitĂ delle sue opere.
E allora, nella sabbia bianca distesa sul pavimento della
galleria si riconosce allâimprovviso la sagoma del Pantheon, emersa e al
contempo dissolta nella sua stessa polvere calcarea (
Pooling Dust). Da un lato, simili a bottiglie
affidate al mare da naufraghi, si allineano una serie di identici cofanetti in
legno. Potrebbero forse racchiudere â come quelle â messaggi provenienti da
altri luoghi e da unâaltra epoca? Ă proprio cosĂŹ.
Lo apprendiamo leggendo le istruzioni poste accanto
allâopera, che chiedono di compiere alcune azioni al futuribile possessore solo
in un lontanissimo anno inciso su ciascun coperchio. In tal modo lâartista
rende questo lavoro una sorta di arco proteso nel tempo e nello spazio,
unâazione richiesta, sospesa, incerta, sperata come quella che il naufrago
affida al mare (
At the Moment).
E mentre il mare sospinge quei messaggi, esso erode,
trascina, accumula incessantemente la materia. CosĂŹ come le sue onde dispongono
sulla rena oggetti perduti e inariditi, quali le conchiglie, Ruth allinea in
una teca campanellini raccolti chissĂ dove e quando, anchâessi svuotati,
proprio come quelle stesse conchiglie, del loro motivo di esistere: il
batacchio, strumento della loro sonorità . Sono gli scheletri di ciò che nella
cultura domestica africana diviene il simbolo di una distinzione tra classi
sociali, alla quale lâartista allude distribuendo ordinatamente ogni pendolo
staccato in una teca diversa, posta a fianco.
Altrove, volgendo lo sguardo nel paesaggio della galleria,
campeggiano scritte effimere. Da un lato la lunga descrizione disposta in forma
planimetrica â
The Biggest Sculpture in the Worldâ, dallâaltro le due insegne â
Alatoseum/Musealatoâ. Messaggi destinati alla
cancellazione, come lo sarebbero se fossero tracciati sulla sabbia di questa
spiaggia immaginaria di Ruth. Luogo e non luogo delle sue accumulazioni.