Public Privacy è ciò che Valentina Moncada sembra offrire alla serie di opere in mostra dello svizzero
Donato Amstutz (Stans, 1969), per la seconda volta ospite nella galleria romana. Oltre che titolo esplicativo, fil rouge narrativo che intreccia le diverse creazioni, il concetto di “public privacy” assume qui il significato di un’esperienza visiva: l’accesso diretto nell’ampia e unica sala vi fa corrispondere un’interpretazione immediata dei contenuti trattati e della natura costitutiva le opere.
Il contatto visivo offre una serie d’immagini, prodotto apparente di una macchina fotocopiatrice, distribuite regolarmente sui due lati, secondo un principio d’ordine che distingue una serie, ritraente volti della vanitas e della passione, rigorosamente in bianco e nero, dall’altra, in cui diverse mani incatenate dai contorni color rame sembrerebbero evocare, a voler trovare un nesso con le prime, il tema del peccato. L’artista sceglie di concentrarsi su parti del corpo come volti, mani e piedi, quasi rievocando i simboli della passione cristiana.
L’atmosfera suggerisce la natura più intima di un lavoro che trova un contesto espositivo in sintonia con questo stato di confessione pubblica, che contribuisce a liberare ogni opera da uno sguardo vincolante quell’unica e consente di guardarne più e complessivamente. Ma, ad una vicinanza maggiore, si scopre come l’intelaiatura delle opere sia in realtà frutto di un’opera certosina di punto-croce, che “ricrea” punto per punto l’immagine fotografica. Al gioco d’inganni percettivi in cui fotografia e pittura hanno sempre avuto ruolo esclusivo, Amstutz introduce un terzo concorrente, il più improbabile, il ricamo.
Woman Vanishing è il ritratto di una possibile attrice pornografica che l’artista ritaglia casualmente da una rivista, così come la serie
Untitled (Entftesselt) trae spunto e sostanza dalle locandine degli spettacoli di Houdini. Amstutz le ingrandisce, le stampa su tela e vi ricama. La cura dell’impuntura “al millimetro” toglie ogni certezza a una ricezione accondiscendente, spinge ad avvicinarsi all’immagine, a scoprirne la fattura, e a sorprendersi di un contenuto che sembra essere contrastante con il significato religioso.
Vanishing, come titola una delle serie, sta per evanescenza, come
vanishing point è il tradizionale punto di fuga nella prospettiva geometrica. Anche Amstutz crea un punto di fuga: nel distacco consapevole della realtà da immediato stato di cose. Allora le confezioni di medicinali in mostra, che emergono nel siparietto retrostante la sala principale,
Ciba Vision, Dormicum, Tavor, anch’esse abilmente cucite, e dotate delle realistiche tre dimensioni, sono marche di un collirio, un tranquillante e un antidepressivo. Farmaci che offuscano la percezione.
Godere della complessità di un lavoro che ambisce all’imitazione perfetta dello scatto fotografico, senza nasconderlo. Anzi, celebrandolo proprio nel meccanismo dell’inganno percettivo.