Stavolta la sua permanenza non vanterà i “Macro” spazi del 2012 (e si, bei tempi quelli dell’era Pietromarchi, quando il Macro era ancora una realtà pienamente funzionante), tuttavia Mircea Cantor (Oradea, 1977; vive e lavora a Parigi) a Roma non passa in sordina. Per quanti abbiano voglia di sfidare l’afa girando tra i vicoli del centro è d’obbligo una capatina da Magazzino, dove ad aspettarli troveranno il piccolo e ben costruito progetto espositivo di uno tra i più poliedrici artisti internazionali; abile a far fruttare questa sua poliedricità, e che col supporto di media eterogenei – installazione, scultura, video – ora restituisce un discorso sul dono eccezionalmente lineare e organico.
Tutto inizia col verbo “dare”, dalla sua coniugazione che Cantor declina come prodotto incondizionato e immateriale, il dono quale oggetto-non oggetto, il regalo che da contenuto fisico tende ad assumere una meno prevedibile connotazione metafisica. In ballo tra queste due polarità – fisica e metafisica – un neon bianco appeso al muro recita perentorio “Ti do la mia giovinezza”, come ad evidenziare il gap semiotica/semantica di una proposizione che sottoscrivendo il dono immediatamente ne fa qualcosa di concretamente impossibile, in un corsivo che assume il peso della firma, di dichiarazione cosciente, traccia grafica che è bello riconoscere perfettamente identica nei titoli delle opere scritti a muro dallo stesso artista.
Formalmente più rigorosi i Future Gifts, la cui logica pare figlia di uno scultore “di rottura” qual’è stato Arturo Martini, che attraverso un’operazione non dissimile negli anni Quaranta circoscriveva col bronzo l’Atmosfera di una testa. Cantor d’apres Martini, Cantor che coi suoi quattordici cadeau sposa sistematicamente l’ideale plastico di una scultura che non è necessariamente soggetto finito, ma che può diventare complemento oggetto di qualcosa molto più infinito, che non è contenuto ma contenitore fisico di un’astrazione totale. Così coi suoi pacchi regalo l’artista inscatola il nulla racchiudendo tra incroci di nastri il tutto dell’ignoto, avveduto quanto frugale nell’allentare ogni tensione standardizzante con l’uso del tricolore bianco (marmo bianco di Carrara), grigio (cemento) e nero (marmo nero Marquiña), ma anche col ricorso a di differenze molto più latenti come i fiocchi sulla sommità, che nella loro resa altamente geometrica non seguono un modulo unico.
Quantomai in simbiosi con l’assenza (vera o solo presunta) di contenuto nei Future Gifts rimbomba la frase “Non posso darti nulla”, pronunciata da un bambino nel brevissimo video Regalo, con un loop martellante che alterna ripresa e stacco in un effetto al limite del stroboscopico, interrotto solo saltuariamente dalla stessa affermazione scritta a mo’ d’illustrazione per film muto. Ancora la parola, un’altra frase con cui stavolta Cantor in qualche modo nega – delegando all’azione esterna del bambino, giovinezza effettiva – quanto affermato precedentemente col neon, finendo in pratica per lasciare l’idea di dono in bilico tra possibilità e impossibilità, proprio come la piccola moneta antica illogicamente in cima ad una demarcante inferriata angolare. Inarrivabile dono, sospeso a metà tra ciò che siamo e ciò che potremmo essere.
Andrea Rossetti
mostra visitata il 5 luglio
dal 29 maggio al 27 settembre 2014
Mircea Cantor – Ti do la mia giovinezza
Magazzino
Via dei Prefetti 17 – (00186) Roma
Orari: da martedì a sabato, ore 11 – 20