“Mi sono sentito piccolo mentre scattavo queste immagini, guardando questo straordinario pianeta, questi luoghi incredibili. Penso che la nostra civiltà, in fondo, sia così piccola eppure si ritiene così importante…”, afferma Wim Wenders (il nome per esteso è Wilhelm, Düsseldorf 1945).
Difficile mettere da parte il regista per estrapolare la figura del fotografo. Il fluire di citazioni e rimandi é continuo -da L’amico americano a Buena Vista Social Club, passando per Paris, Texas (Palma d’oro a Cannes nel 1984) e Il Cielo sopra Berlino– del resto la Terrazza delle Scuderie ospita contemporaneamente anche la rassegna cinematografica Wim Wenders e gli amici americani. Proviamo, però, a focalizzare tutta l’attenzione sulle grandi fotografie -alcune superano i quattro metri di lunghezza- che sfondano l’orizzonte nelle sale delle Scuderie del Quirinale.
Protagonista la natura millenaria -crateri di meteorite, montagne rocciose, distese di nuvole e covoni, la strada nel deserto che arriva fino in cielo- ma anche frammenti di civiltà che sconfinano nell’iperrealismo o nella fantascienza. Visioni pittoriche quegli scorci architettonici e urbanistici che rimandano alle tele di Edward Hopper (Wenders prima di entrare nel mondo del cinema studiò pittura, a Parigi nel 1966, frequentando a Montmartre l’atelier di un incisore).
La natura domina con la sua maestosità, con il fascino del mistero e allo stesso tempo con il segno del divino che sottintende la sua origine: di contro la civiltà sembra essere corrosa e decadente. Le macerie di Ground Zero non sono che l’apoteosi di un percorso che ha tra le sue tappe le cartacce e le bottiglie vuote dopo un concerto allo stadio di Dortmund, come pure uno scorcio della Cupola della Roccia sulla Spianata del Tempio a Gerusalemme, preceduto dal cumulo di rottami di una discarica. Luogo carico di spiritualità, piuttosto, quel cimitero dei pellirossa nel Montana.
Il rifiuto per il digitale è dichiarato, pur essendo accettato in ambito cinematografico. Tra le altre cose, Wenders del digitale rifiuta l’idea che la foto possa sparire senza lasciare traccia, subito dopo esser stata scattata. Fin dai tempi in cui girava Paris, Texas porta con sé un pesante corpo macchina (allora era una Makina Plaubel) senza treppiedi, stretta tra le sue braccia (non ha assistenti). “Quando ero in Australia” -racconta Wenders- “avevo una guida aborigena che mi chiamava ‘Foto-Giara’, che vuol dire qualcosa come “stupido con la macchina fotografica”, perché non capiva il motivo per cui mi trascinavo quel peso enorme con il caldo. Naturalmente si rifiutava di toccare la macchina fotografica arroventata.”
Scattare fotografie è per il regista tedesco un grande privilegio, sia perché “la fotografia apre delle porte che conducono all’interno del tempo: momenti che nessun film potrebbe mai cogliere”. Poi perché spesso i suoi film, pur prendendo il via dal fascino che emanano determinati luoghi -paesaggi o città- sono incentrati sulle storie e sui personaggi, perciò solo attraverso la fotografia riesce a rendere loro il dovuto tributo. C’è, poi, un’altra motivazione interessante: “Molto spesso quando viaggio con la mia macchina fotografica sento che i luoghi mi chiamano,” -dice Wenders- “non sento mai che li sto scoprendo. Quando arrivo avverto che è il luogo a dirmi ‘finalmente qualcuno che mi ascolta, a cui posso raccontare la mia storia’. Quindi la mia macchina fotografica diventa lo strumento per la registrazione. ”
manuela de leonardis
mostra visitata il 13 luglio 2006
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Le foto sono molto belle, ma perchè nella maggior parte dei casi sono gli stessi luoghi ritratti ad essere fortemente evocativi e suggestivi: Wenders ha buon occhio nel trovare location cinematografiche, ma non ha la stoffa di un grande fotografo. Non ha la stoffa di uno che coglie l'attimo.
Molto spesso il nome è uno specchietto delle allodole. La mostra è tenuta solo dal grandissimo formato delle fotografie, altrimenti sarebbero state dei banali scatti di viaggi (che ben pochi purtroppo possono permettersi). L'unica immagine che in qualche maniera ti fa sentire a casa è quella scattata in una scarpata presso Gerusalemme dove domina una bella discarica abusiva: tutto il mondo è paese!