Dopo il bombardamento Biennale, in cui la morte
falciava concetti dando alla luce armi, teschi, teschi e teschi, il rientro romano non appare molto distante. Il cordone rimane integro e ben legato alla madre. La personale di
Gaia Scaramella (Roma, 1979) affronta argomenti quali la religione nel suo sottile rapporto tra sacro e profano, istituzione e persona, potere e sesso. Nuovissimo ciclo datato 2007, tecniche stilistiche differenti, grandi tavole-supporti recuperate da porte, sportelli e vetrine portano l’immagine di frati, vescovi, chierichetti e madonne in posture ieratiche e auliche, contrapposte alle smorfie dei volti che consegnano, in un’aggressiva indagine autoreferenziale, il volto dell’artista, giustificando quel binomio di liturgico e sacrilego che la mostra dichiara sin dal comunicato stampa.
Scaramella viene dall’incisione. È indubbiamente un’artista che utilizza sapientemente le tecniche, le manipola a piacimento, conservando un approccio artigianale responsabilmente elevato. Da qui ai cicli
Madonna della Riflessione,
Madonna Bianca Immacolata,
Madonna nera Immacolata e
Il Convento, la lettura rimane formalmente soddisfacente. Ma la smagliatura si avverte in un agitato virtuosismo stilistico, che confonde quelle insite argomentazioni che appaiono superficialmente embrionali. Nella fattispecie, la serie
Il Convento è una totemica composizione di dieci tavole avvolte da un grande nero smaltato sgocciolante a comporre la figura di una santa circondata da incisioni di croci e particolari di organi somiglianti a ex voto, che sarebbe stato interessante vedere estrapolati dal contesto.
Nel complesso sono lavori fastosi per la composizione iconografica e per la scelta di supporti dalle rifiniture baroccheggianti; uniti a un ambiente saturo danno vita a un allestimento grasso, un miscuglio accatastato che mette alle corde i buoni lavori presenti.
Diametralmente opposti, gli argomenti appaiono generici, laterali, sufficienti. Manca una cura. La circoscrizione specifica avrebbe contestualizzato e valorizzato maggiormente un lavoro potenzialmente ottimo. Ciò ha fatto in modo che ci si trovasse di fronte non a un progetto, ma a una vera e propria presentazione di lavori, tecniche, capacità e argomentazioni, dando di Scaramella una visione eccessivamente ‘giovane’ e randagia. Pezzi interessanti ve ne sono, vanno evinti singolarmente, e lo dimostrano le serie
Ante-Poste e Essere e
Apparire o Divenire, nelle quali si percepisce un principio di equilibrio fra tecnica, concetto e iconografia che permette la fuoriuscita di un unicum di linguaggio pulito, sintetico e giustapposto. Finalmente svuotato di orpelli in eccesso, Scaramella dimostra la capacità di saper realmente indirizzare la sua attitudine
artifex in una maggiormente concettuale e contemporanea. La mostra cresce di qualità con la serie
Marionette, purtroppo nascosta, che sorprende positivamente grazie a incisivi e irriverenti collage e polimaterici su carta in un trionfo di animaletti, omini malefici e irriverenti mostriciattoli.
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A me la mostra è sembrata molto interessante e merita senz'altro di essere vista. Il tema della morte e dei preti mi pare ironico e non offensivo0
complimenti per la recensione, tesa e chiara come capita di rado poter leggere. In effetti la mostra ha molti elementi interessanti (le marionette soprattutto), ma nella sua presentazione sembra un po' troppo schiacciata sulla solita provocazione antipretesca.
Comlimenti,bella recensione.
...credo proprio che ti abbiano DONATO un senso critico molto PICCOLO!!