Chi ha il dominio del mare ha il dominio di tutto, dice Temistocle. Il mare, si sa, spesso è agitato, proprio come l’animo umano. E quando tutto sembra perduto, la luce di un faro è un’ancora di salvezza. Ce ne sono diversi di fari in mostra, veri e verosimili. Ma che siano veri oppure no, quel che sembra è che siano perfetti.
Marco Verrelli (Roma, 1961) è il pittore della minuzia calligrafica, dell’idea che si è fatta realtà. E il richiamo alla pittura metafisica
“da de Chirico a Hopper” (Strinati) è qui sempre più vivo. Ci appaiono dunque solidi e compatti, fieri e austeri, nitidi e brillanti. Dietro, le nubi preannunciano un mare in tempesta o la prossima calma. Oppure il vuoto buio della notte, o la fresca aria del mattino al leggero incresparsi delle onde. Ma è solo uno sfondo, un pretesto per il gioco di luce e colore, perché il vero protagonista è sempre lui, il faro. Il punto di riferimento, la certezza. E la certezza non ha i contorni sfumati, ma netti.
Il faro, però, non è solo un riferimento. Anzi, è soprattutto un monito, un richiamo, un cartello nel mare con su scritto: “attenzione, potrebbe esserci un ostacolo”. E questo forse è il senso della pittura di Verrelli: mostrare le cose così come stanno, senza mezzi termini. La cruda realtà, dice ancora Strinati. Quel che si avverte è un gran senso di calma interiore, una colonna di solide certezze che il faro incarna alla perfezione. Incurante della tempesta, dei pericoli, rimane immobile per dare luce, per mettere in guardia, per essere sempre lì. Nonostante tutto e tutti.
I quadri, sette tele dipinte a olio, sono tutti lavori del 2007 e tutti in sintonia con la ricerca che Verrelli ha intrapreso ormai da anni. Una ricerca che nasce da una conoscenza approfondita della pittura, che ha radici antiche e profonde. Ma calate in realtà quotidiane, spiegate tra snodi ferroviari, tram nella notte, pilastri stradali e grossi tubi.
Da sempre il pittore mostra il retro e la facciata delle cose: la giuntura che si regge con grossi bulloni, la luce e l’origine del fascio luminoso, la colonna e la sua struttura. La minuzia descrittiva supera la realtà fotografica. Ma dopotutto, ciò che vediamo, che vogliamo vedere e che descriviamo non è la realtà. È solo il nostro modo di rappresentarla, e a volte la supera.