Sale interne, con la sua coerenza, fornisce la risposta. Anche
con quella peculiare semplicità di chi ha sottratto al proprio lavoro ogni
ridondanza e orpello. Perché Favelli, attraverso l’utilizzo di materiali di
scarto, assemblati e piegati per tradurre la sua progettualità artistica, ogni
volta riesce a creare ambienti in cui è forte la sollecitazione sensoriale. Al
fine di risvegliare la memoria, quella del tutto personale del visitatore. Ché,
in definitiva, è questo il principale intento dell’artista. Partendo, infatti,
dalla propria memoria, Favelli lascia libera azione a quella del fruitore che,
nei suoi lavori, può vedere di volta in volta scenari diversi, in base
all’individuale esperienza.
Sale interne, per un romano, è il richiamo forte alla
religiosità che, sin da piccolo, respira per le strade della Capitale, con il
suo sorgere, a ogni dove, di chiese, chiesette, cappelle, altarini, edicole. È
inevitabile quindi che, entrando nell’ambiente più ampio della galleria,
individui, nella sala riprodotta, una sorta di sagrestia (o coro) di una delle
tante chiese, talmente numerose da diventare anonime. E quello che di sacro
dovrebbe esser custodito nel tabernacolo, l’ostensorio, è sostituito da un’immagine
che, per antonomasia, rappresenta Roma, la Fontana dei Quattro Fiumi del Bernini a piazza Navona.
La lettura, a questo punto, è
duplice: esortazione a custodire, con devota cura, ciò che è prezioso; oppure
avvertimento del rischio di congelare e cristallizzare la città se custodita
con troppa devota cura. Una denuncia quindi contro l’immobilità, soprattutto
culturale, della Capitale. Propensi a questa seconda lettura per la presenza,
immediatamente accanto, di 4 assi neon,
che sembra voler tradurre la prassi, molto italiana, di far finire tutto a “tarallucci
e vino”. E che, come novelli soldati, le sorti (le vesti) della città siano
giocate a carte (e non a dadi).
Ma una certa novità, in questa
personale, è data da una non celata fascinazione per il colore: la luce dei
neon, la cromia dei francobolli, la scritta rossa “Punta Raisi” segnalano un certo
scarto artistico di Favelli che, in questo modo, riesce ad alleggerire la
plumbea atmosfera che a volte si percepisce nei suoi lavori.
Favelli
inaspettato a Monfalcone
daniela trincia
mostra visitata il 12 ottobre
2010
dal 12 ottobre al 27 novembre 2010
Flavio Favelli – Sale interne
Galleria S.A.L.E.S.
Via dei Querceti, 4/5 (zona Colosseo) – 00184 Roma
Orario: da martedì a sabato ore 15.30-19.30
Ingresso libero
Info: tel. +39 0677591122; fax +39 0677254794; info@galleriasales.it; www.galleriasales.it
[exibart]
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ma il lavoro con le carte da gioco illuminate che c'era ad artissima alla galleria pantaleone era delleo stesso favelli?
grazie
gentile francesco torri,
volevo informarla che l'opera cui lei si riferisce, non è la stessa esposta da Francesco Pantaleone Contemporanea.
saluti
daniela trincia
Niente di nuovo sotto il sole!
In arte, l'uso di tubi al neon risale all'inizio del secolo scorso. Esponenti del futurismo russo, italiano e dadaisti,facevano largo uso di questo nuovo mezzo espressivo di comunicazione pubblicitaria luminosa. Sia per elaborare forme nuove, adeguate all'efficacia del messaggio pubblicitario, sia per scrivere frasi, con le quali affermare proclami rivoluzionari o concetti filosofici, letterali o scritte provocatorie. Oggi, il problema specifico: forma-contenuto-mezzo-comunicazione dell'arte, è diventato un caso particolare della problematica generale sul ruolo dell'arte e dell'artista nella società. Assistiamo alla prolifazione di scritte al neon o assemblaggi, fine a se stesso.