A prima vista è la natura il leitmotiv di In my beginning is my end, prima personale romana di Yosuke Taki (Tokyo 1962; vive in Italia dal 1988). Codificata nei fiori di loto essiccati, nei soffioni solarizzati, nelle foglie di cardo o di girasole. Una natura che non appare per ciò che è, ma viene inquadrata dall’obiettivo in una messa in scena ricca di spunti poetici, visioni oniriche, citazioni letterarie.
Una natura filtrata -perciò- dalle contaminazioni culturali dell’autore, che alla fotografia e al video è approdato ufficialmente nel 2002, con la sua prima personale organizzata presso il Consolato Generale Giapponese di Milano, senza però perdere di vista la significativa esperienza formativa e professionale in ambito teatrale. Taki, infatti, è attore, aiuto-regista, scenografo, specializzato nella realizzazione di maschere teatrali (nel 1997, è stato tra i fondatori del Teatro dell’Arcipelago).
Non a caso la serie Codex Naturalis, esposta per la prima volta alla Galleria Luxardo in un suggestivo allestimento, che include le 21 immagini verticali accostate l’una all’altra quasi a formare un unico grande pannello in cui il ritmo ondulato è volutamente discontinuo, nasce proprio da un predente lavoro teatrale. Taki, appassionato lettore di manga, una decina di anni fa ha spennellato ben 350 volumi con il gesso per un allestimento scenico (uno di questi libricini é visibile in galleria), il passo successivo -molto più recente- è stato quello di fotografare quelle pagine rigide trasformate in una vera e propria foresta di cortecce pietrificate.
Dreams of dead insects ovvero canti funebri di una piccola bambina selvatica, invece, nasce in collaborazione con l’artista Laura Biagi. Si tratta di 16 fotogrammi di un video che sarà proiettato per la prima volta in questa sede il 13 gennaio 2007 alle ore 19.
I toni violetti di queste immagini solarizzate ben si adattano alla musicalità del racconto, una storia vera vissuta dalla Biagi in prima persona quando bambina celebrava i riti funebri per api, grilli, e qualsiasi altro insetto morto che trovava, accompagnando la cerimonia con i suoi primissimi canti. Un racconto che non ha lasciato indifferente l’artista giapponese che sul tema della morte ha incentrato anche un altro importante lavoro fotografico, Zero summer, ispirato ai Four Quartets di T.S. Eliot ed esposto per la prima volta nel 2005 al Laboratorio delle Arti di Piacenza e presentato anche nella mostra romana.
Nel suo testo critico Marco Belpoliti si chiede perché Taki sia così affascinato da queste forme ibride, cosa ci veda in quegli strati di carta e gesso. “So che sono ‘qualcosa’, ma non so dire a quale regno appartengano. Non sono più infatti vegetali: fibre, fiori, foglie, steli, bulbi. E non sono ancora minerali: sassi, strati, rocce, sebbene stiano per prenderne la forma.” -scrive Belpoliti- “ Appartengono piuttosto a qualcosa di frammezzo, d’interstiziale, una situazione né né: né vegetali né minerali, né vivo né morto. Situazione di mezzo, le immagini di ‘Zero summer’ indicano la stagione iniziale ma anche quella finale. Gli estremi si toccano”.Il confine tra vita e morte è veramente impercettibile.
manuela de leonardis
mostra visitata il 5 dicembre 2006
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