Tratto felice, quello di
Emanuele Luzzati (Genova, 1921-2007), a cui Tricromia rende omaggio nel primo anniversario della scomparsa. Del resto, in oltre un decennio di attività la galleria romana specializzata in grafica d’autore ha più volte collaborato con il grande e prolifico artista. A memoria della stima reciproca quel bel disegno, della metà degli anni ’90, che raffigura una donna dai capelli rossi avvolta nel manto di pansé, con il ventaglio aperto. La dedica è esplicita: “
Per Giuseppina una gitana”. Lei -Giuseppina Frassino, da anni responsabile dell’attività di Tricromia- dal canto suo, ricorda come il mondo di Luzzati fosse in un certo senso fiabesco anche nella realtà, a partire dalla visione scenografica della scalinata che portava alla sua abitazione, in via Caffaro a Genova, dove si respirava un’immensa tranquillità. Straordinaria figura, quella dell’artista, anche dal punto di vista umano.
All’attività di scenografo, in particolare, punta l’attenzione questa mostra. Una serie di “teatrini” in cui lo sguardo dello spettatore non può che perdersi negli incastri dei piani prospettici -scenari, fondali, sipari- all’interno dei quali si muovono attori di carta. È esplorato non solo il mondo delle fiabe (particolarmente bello il teatrino della tavola imbandita per il the di
Alice nel paese delle meraviglie) ma anche scene bibliche come l’
Arca di Noé e
Il tempio (ebraico), o anche i due atti di
Candide.
Ai collezionisti più facoltosi la possibilità di aggiudicarsi pezzi di grande prestigio, arrivando a spendere oltre 5mila euro. Ma anche con la cifra notevolmente inferiore di circa ducento euro ci si può permettere una serigrafia. Una vera “chicca” il pastello del 1957 che raffigura una figura femminile orientale, Zulma, tutta sui toni del turchese, dell’azzurro e del viola, con un sospiro di magenta.
Anche nelle stampe, dov’è inconfondibile la mano dell’autore, complice anche quel suo modo di raccontare attraverso i dettagli di una stoffa, di un merletto, di un tappeto, è costante la gioiosità, come ricorda con grande freschezza la scenografa Santuzza Calì: “
Lele disegnava, colorava e progettava come respirava, come se il colore e il segno fossero il suo respiro, come se la mano sapesse cosa fare indipendentemente dagli ordini del pensiero. Quando riempiva i muri di tutto, cioè di donne grasse o fatate, uccelli, cerchi, monti, tigri, elefanti, piedi, mani, violini, sembrava che ricalcasse una segreta traccia che gli altri non vedevano”.
In mostra anche una selezione di libri (molti dei quali editi da Tormena) che trattano vari aspetti dell’arte di Luzzati, dalla pittura all’animazione, passando per l’illustrazione, e una rara edizione del
Decamerone, con tanto di incisione allegata, datata 2000.