Cinque anni trascorsi in giro per il mondo, centinaia di scatti, migliaia di parole e altrettanti numeri per conseguire l’obiettivo.
Hungry planet. What the world eats – Best Book of the Year 2006 – è uno dei prodotti più interessanti del fotografo
Peter Menzel (Hartford, Connecticut, 1948; vive a Napa, California) e di sua moglie Faith D’Aluisio, giornalista e food stylist, autori fra l’altro anche di
Material world e
Man eating bugs.
Quanto alla mostra, è stata prodotta dalle associazioni Solares e Kuminda di Parma e realizzata da Mandeep, in collaborazione con Grazia Neri. Giunto al suo terzo appuntamento, quindi, il nuovo spazio romano sottolinea l’urgenza di uno sguardo critico e di una maggior sensibilizzazione verso le tematiche sociali attraverso la cultura fotografica.
Trenta le foto esposte, tutte a colori e caratterizzate dalla stessa posa. Immagini gioiose di famiglie (di cui è indicato per nome ogni componente) di ventiquattro Paesi del globo, invitate – e accompagnate dagli stessi autori – a fare la spesa necessaria al loro fabbisogno per un’intera settimana. Alcune cifre accompagnano le immagini: denaro, quantità, statistiche.
Che ci si trovi in Buthan piuttosto che in Ciad o in Australia, il set è uguale per tutti: la cucina, luogo per eccellenza d’intimità e calore domestico. Su ogni tavolo – a eccezione dei Paesi africani e di altri del Sud del mondo, in cui si cucina e si mangia sulla superficie di una stuoia o su una manciata di paglia – sono disposti i prodotti, seguendo lo stesso schema coreografico. Verdure, pesce, cacciagione, succhi di frutta, bottiglie di birra, pizze surgelate (è ricorrente un’improbabile “pizza ai 5 formaggi”, inesistente nella cultura d’origine), ketchup, noodle liofilizzati, corn flakles. Senza dimenticare coloratissimi packaging e persino alcune stecche di sigarette.
Le famiglie vanno dai tre componenti – come gli ottuagenari con mamma centenaria di Okinawa, che hanno il primato nel consumare frutta e verdura – alle decine di membri in un nucleo egiziano. C’è inoltre chi non rinuncia a mettere in posa anche l’animale domestico (con relativo cibo specifico), come la famiglia francese con il gatto Coppelius.
Un lavoro concepito come indagine e riflessione sulle abitudini alimentari dei vari Paesi della Terra e, nello stesso tempo, sui condizionamenti più o meno subliminali della globalizzazione; ma anche una raccolta di aneddoti e ricette. Ogni famiglia, infatti, ha raccontato alla coppia il proprio piatto prediletto, fornendone la ricetta; i Manzo di Palermo, ad esempio, hanno indicato la “pasta c’anciuova”, squisita interpretazione della pastasciutta con le sarde.
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In famiglia si consuma molto pesce fresco, anche perché il capofamiglia lo vende ai banchi dei mercati. Eppure il figlio minore mangerebbe solo bastoncini di pesce surgelato!”, spiegano Anna Carone e Stefano Ruffa di Mandeep. “
È incredibile che tutti, in ogni nazione – Mongolia inclusa – usino i dadi Knorr. Il fattore globalizzazione è lampante. Un cibo come l’hamburger non manca quasi mai, da nessuna parte. Poi, una cosa che a noi occidentali fa un po’ specie è scoprire che in Groenlandia uno dei cibi preferiti sia lo stufato al forno di orso polare”. Paese che vai, piatto che trovi.