Federico Pietrella, “quello dei timbri”, durante la sua carriera ha in realtà usato tecniche e materiali diversi, compresa la pittura. Pittura fatta anche con pennelli veri, di quelli con cui puoi ricomporre le immagini con taches o con filamenti, come facevano i nostri macchiaioli o divisionisti.
E gli ultimi lavori presentati da smART sono per la maggior parte oli su tela. È una scelta coraggiosa, tra l’altro, in un momento in cui la pittura dura e pura sembra essere tornata in auge tra musei e galleristi, e chi dipinge rischia di essere sospettato di opportunismo mercantile o è visto come irritante modaiolo. La pittura sembra in questo caso riassorbire in sé quella ossessione per la registrazione del tempo che ha spesso caratterizzato il lavoro di Pietrella e che sembrava aver trovato il suo compimento ideale nell’escamotage del timbro datario – affascinante, ma dal forte sapore di trucco formale.
Paesaggi, vedute, interni, scorci di città (due sono ripresi, su Piazza Crati, dalle finestre degli stessi ambienti ove ha luogo la mostra), scene quotidiane popolate dagli affetti dell’artista – la compagna Athéna, la figlia Theodora – sono i soggetti ritratti.
Le immagini rivelano la matrice fotografica nel taglio – e talora nella squisita esattezza ottenuta negli esperimenti con grafite su poliestere – e sono declinate secondo una rigida scala di grigi richteriani, in cerca di una intimità sommessa (il colore appare a sorpresa solo in un’opera, lasciando immaginare possibili sviluppi futuri della ricerca). I modelli ideali, perfettamente assimilati, sono da cercare in certi paesaggi di Segantini o in quelle madri, sorelle e mogli ritratte in controluce dai primi Balla e Boccioni, e tipiche dell’immaginario domestico tardo ottocentesco.
Le opere ridiventano dunque quadri – questo il termine demodé scelto apposta dall’artista per intitolare la mostra – borghesi, di quelli esposti cento anni fa nelle gallerie borghesi – come la GNAM di Roma, frequentata dal giovane Pietrella – e appesi nelle case borghesi, magari nei villini borghesissimi del quartiere Salario, con il giardino di ghiaia, e gli interni silenziosi foderati di parquet e con grandi alberi fuori dalle finestre, proprio come la sede dello smART. Un’idea rievocata anche dalla targa in creta di Via Scipione L’Emiliano 45, indirizzo immaginario della casa di Prati dove si svolge l’epopea borghese narrata nel film La Famiglia di Ettore Scola.
Nell’età della maturità, Pietrella sembra voler ricostruire, e forse rivendicare, un suo universo semplice di quotidianità, di normalità, e lo fa con una schiettezza estrema, senza paura di sconfinare nel reame della noia.
Mario Finazzi
mostra visitata il 6 dicembre 2014
Dal 22 ottobre 2014 al 28 febbraio 2015
Federico Pietrella, Quadri d’Interno
smART – polo per l’arte
Piazza Crati, 6/7 – 00199 Roma
Orari: da martedì a venerdì 13.00 – 18.00 e su appuntamento