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18
marzo 2009
fino al 28.III.2009 Maggie Cardelús / Daniela De Lorenzo Roma, Maria Grazia del Prete
roma
Due donne e un solo progetto artistico. Quando una composizione digitale d’immagini e un oggetto scultoreo in feltro prendono forma separatamente. Per poi compiere un unico tragitto espositivo. Che sembra distante anni luce...
Frammenti di materia visiva e tattile uniscono il lavoro di due artiste concettualmente distanti, legate per la prima volta dallo studio espositivo di Cluster. La Galleria Maria Grazia del Prete ospita le opere di Maggie Cardelús e Daniela De Lorenzo, ponendo l’accento sull’immagine corporea dell’uomo e del suo rapporto con l’ambiente.
Oltre mille fotografie danno vita al video Trip to Echigo Tsumari with Zoo (2008), una successione di scatti dal montaggio irregolare, in cui la velocità del tempo di ripresa è interrotta e segmentata dall’andatura del video stesso, dove il peregrinare a volte statico di un bambino convive con i movimenti della natura. Estrapolato dal contesto familiare, il figlio di Maggie Cardelús (Alexandria, 1962; vive a Milano) si ritrova così a essere il protagonista di una serie indistinta d’immagini, assemblate non solo per dare origine a un corto sperimentale, ma per mostrare il particolare tratto stilistico dei lavori della madre.
Di fronte allo schermo, quattro ritagli fotografici di un unico momento sono ricomposti in linee verticali, facendo risaltare i differenti rendimenti di luce; il bambino al centro della composizione visiva è invaso dalla luminosità di una natura penetrante, resa ancor più fitta dall’andamento delle verticali, che lasciano filtrare una luce chiara e meno aggressiva rispetto al video da cui l’immagine è tratta.
Cardelús sembra così mettere in evidenza la minutezza dell’essere umano nei confronti della natura e, tornando al video, nasconde l’immagine di suo figlio dietro il frusciare di spighe d’erba ingiallite dal sole. Il bambino rimane distante dallo sguardo dell’obiettivo, che lo riprende nel continuo agitare le braccia; quando invece quell’occhio sembra concedergli maggior visibilità, il suo movimento è frammentato dal singhiozzo di un montaggio impertinente, che immobilizza lo spettatore, vanificando la speranza di veder compiuta l’azione del ragazzo.
Ed è qui che entrano in gioco le sculture di feltro di Daniela De Lorenzo (Firenze, 1959). Accurati studi anatomici del corpo umano portano l’artista a riprodurre la muscolatura interna dei propri arti attraverso varie stratificazioni di tessuto rosso: Il verso giusto (2007) e Tra l’altro (2009) vengono così fissati come corpi distinti e ben distanziati lungo le pareti della galleria. Una mano e una parte del braccio sostano mutilati vicino a un piede, segnando la reale distanza della posizione del corpo dell’artista nella sua riproduzione scultorea, mentre nel piccolo corridoio della galleria fotografie minute dalla forma orizzontale riprendono autoscatti particolarizzati.
Nel video di Cardelús, intanto, la mano in primo piano del bambino articola un girotondo di movimenti casuali sopra un manto di foglie autunnali: frammenti di corpo visivi e insieme tattili. Ecco dunque disvelarsi la chiave di lettura di una mostra apparentemente asettica e distante, in cui il cupo rossore del feltro di De Lorenzo si scontra con la luminosità della fotografia di Cardelús.
Improvvisamente, ciò che sembrava distanziare le due artiste le unisce in un solo atto espressivo: la volontà intima di riprodurre la gestualità corporea in un’immagine/scultura personale, a contatto con l’ambiente circostante. Immagine frammentata da una parte e documentaria nella sua frammentazione dall’altra.
Oltre mille fotografie danno vita al video Trip to Echigo Tsumari with Zoo (2008), una successione di scatti dal montaggio irregolare, in cui la velocità del tempo di ripresa è interrotta e segmentata dall’andatura del video stesso, dove il peregrinare a volte statico di un bambino convive con i movimenti della natura. Estrapolato dal contesto familiare, il figlio di Maggie Cardelús (Alexandria, 1962; vive a Milano) si ritrova così a essere il protagonista di una serie indistinta d’immagini, assemblate non solo per dare origine a un corto sperimentale, ma per mostrare il particolare tratto stilistico dei lavori della madre.
Di fronte allo schermo, quattro ritagli fotografici di un unico momento sono ricomposti in linee verticali, facendo risaltare i differenti rendimenti di luce; il bambino al centro della composizione visiva è invaso dalla luminosità di una natura penetrante, resa ancor più fitta dall’andamento delle verticali, che lasciano filtrare una luce chiara e meno aggressiva rispetto al video da cui l’immagine è tratta.
Cardelús sembra così mettere in evidenza la minutezza dell’essere umano nei confronti della natura e, tornando al video, nasconde l’immagine di suo figlio dietro il frusciare di spighe d’erba ingiallite dal sole. Il bambino rimane distante dallo sguardo dell’obiettivo, che lo riprende nel continuo agitare le braccia; quando invece quell’occhio sembra concedergli maggior visibilità, il suo movimento è frammentato dal singhiozzo di un montaggio impertinente, che immobilizza lo spettatore, vanificando la speranza di veder compiuta l’azione del ragazzo.
Ed è qui che entrano in gioco le sculture di feltro di Daniela De Lorenzo (Firenze, 1959). Accurati studi anatomici del corpo umano portano l’artista a riprodurre la muscolatura interna dei propri arti attraverso varie stratificazioni di tessuto rosso: Il verso giusto (2007) e Tra l’altro (2009) vengono così fissati come corpi distinti e ben distanziati lungo le pareti della galleria. Una mano e una parte del braccio sostano mutilati vicino a un piede, segnando la reale distanza della posizione del corpo dell’artista nella sua riproduzione scultorea, mentre nel piccolo corridoio della galleria fotografie minute dalla forma orizzontale riprendono autoscatti particolarizzati.
Nel video di Cardelús, intanto, la mano in primo piano del bambino articola un girotondo di movimenti casuali sopra un manto di foglie autunnali: frammenti di corpo visivi e insieme tattili. Ecco dunque disvelarsi la chiave di lettura di una mostra apparentemente asettica e distante, in cui il cupo rossore del feltro di De Lorenzo si scontra con la luminosità della fotografia di Cardelús.
Improvvisamente, ciò che sembrava distanziare le due artiste le unisce in un solo atto espressivo: la volontà intima di riprodurre la gestualità corporea in un’immagine/scultura personale, a contatto con l’ambiente circostante. Immagine frammentata da una parte e documentaria nella sua frammentazione dall’altra.
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Maggie Cardelús / Daniela De Lorenzo – Cluster
a cura di Mauro Panzera
Galleria Maria Grazia del Prete
Via di Monserrato, 21 (zona Campo de’ Fiori) – 00186 Roma
Orario: da martedì a sabato ore 14-20
Ingresso libero
Info: tel. +39 0668892480; info@galleriadelprete.com; www.galleriadelprete.com
[exibart]