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19
marzo 2009
fino al 28.III.2009 Silvestro Deeton Capitano Roma, Il Ponte Contemporanea
roma
Tre artisti, tre visioni, tre linguaggi. Dall’Italia agli Stati Uniti, i protagonisti costruiscono un ponte fatto di materia e spirito, capace di unire al di là delle differenze. Per mostrare un universale concetto di arte...
di Marzia Apice
Il Ponte Contemporanea ospita la tripla personale di Silvestro, Deeton e Capitano, tre artisti – il primo campano, il secondo statunitense, il terzo molisano – che si esprimono attraverso linguaggi radicalmente diversi.
Franco Silvestro occupa la prima galleria con una serie di ceramiche e porcellane (tra i soggetti, numerosi volti assorti e dagli occhi chiusi, ma anche una curiosa chitarra elettrica “rivisitata”) che mostrano incessantemente la loro natura fragile e al tempo stesso resistente.
Il lavoro sul recupero di materiali tipici del Settecento, ormai per lo più dimenticati, ben si collega col grande disegno virtuale, raffigurante un Pulcinella, proiettato sulla parete: il celebre personaggio qui sembra provenire dal futuro, tanto è evanescente, eppure conserva intatta tutta la sua pregnanza storico-culturale e, più d’ogni altra cosa, sociale, come simbolo privilegiato e valido ancor oggi dei deboli e dei sopraffatti.
L’America irrompe invece nella seconda galleria, con Christopher Deeton e i colori morbidi delle sue pitture. Le tinte colano e si sciolgono sulla tela: tutto è rosso o nero nell’ottica di quest’artista, per il quale ogni cosa sembra scorrere incessantemente, come il tempo. La “liquidità” dei suoi quadri, se da una parte rimanda ai fluidi del corpo umano e della terra, dall’altra, con il filtro dell’immaginazione, può collegarsi perfino alla catena infinita dei pensieri.
Solo due colori nelle opere esposte, quindi, che stagliandosi sul bianco circostante accecano con la loro luminosità; ma possono anche soffocare, con una cupezza che appare intima e, al tempo stesso, quando si cambia angolazione, capace di inglobare tutto in sé.
Si arriva infine alla terza e ultima sala, in cui prendono vita i lavori dello scultore Giuseppe Capitano, raffinati e intriganti nel loro simbolismo schiacciante. L’artista sembra tirar fuori vecchi oggetti dal proprio “armadio ideale” (il materiale privilegiato è la canapa, a cui associare anche il marmo, il ferro, il legno, il polistirolo, la plastica, il tessuto), per liberarli da una dimensione temporale definita e ricollocarli in uno spazio “altro”, che possa comunicare nuovi significati poetici. Come il limone lasciato appassire sul freddo del marmo in Aloni.
I tre artisti si esibiscono in un gioco fatto di continui rimandi che rimbalzano di sala in sala, pur mantenendo ognuno la propria specificità. Ecco perché non è esatto pensare queste tre personali come elementi a sé stanti, nettamente separate. In realtà, ambiente dopo ambiente, ciò che si percepisce è proprio un comun denominatore in termini d’intensità e desiderio di dialogare col mondo circostante.
Franco Silvestro occupa la prima galleria con una serie di ceramiche e porcellane (tra i soggetti, numerosi volti assorti e dagli occhi chiusi, ma anche una curiosa chitarra elettrica “rivisitata”) che mostrano incessantemente la loro natura fragile e al tempo stesso resistente.
Il lavoro sul recupero di materiali tipici del Settecento, ormai per lo più dimenticati, ben si collega col grande disegno virtuale, raffigurante un Pulcinella, proiettato sulla parete: il celebre personaggio qui sembra provenire dal futuro, tanto è evanescente, eppure conserva intatta tutta la sua pregnanza storico-culturale e, più d’ogni altra cosa, sociale, come simbolo privilegiato e valido ancor oggi dei deboli e dei sopraffatti.
L’America irrompe invece nella seconda galleria, con Christopher Deeton e i colori morbidi delle sue pitture. Le tinte colano e si sciolgono sulla tela: tutto è rosso o nero nell’ottica di quest’artista, per il quale ogni cosa sembra scorrere incessantemente, come il tempo. La “liquidità” dei suoi quadri, se da una parte rimanda ai fluidi del corpo umano e della terra, dall’altra, con il filtro dell’immaginazione, può collegarsi perfino alla catena infinita dei pensieri.
Solo due colori nelle opere esposte, quindi, che stagliandosi sul bianco circostante accecano con la loro luminosità; ma possono anche soffocare, con una cupezza che appare intima e, al tempo stesso, quando si cambia angolazione, capace di inglobare tutto in sé.
Si arriva infine alla terza e ultima sala, in cui prendono vita i lavori dello scultore Giuseppe Capitano, raffinati e intriganti nel loro simbolismo schiacciante. L’artista sembra tirar fuori vecchi oggetti dal proprio “armadio ideale” (il materiale privilegiato è la canapa, a cui associare anche il marmo, il ferro, il legno, il polistirolo, la plastica, il tessuto), per liberarli da una dimensione temporale definita e ricollocarli in uno spazio “altro”, che possa comunicare nuovi significati poetici. Come il limone lasciato appassire sul freddo del marmo in Aloni.
I tre artisti si esibiscono in un gioco fatto di continui rimandi che rimbalzano di sala in sala, pur mantenendo ognuno la propria specificità. Ecco perché non è esatto pensare queste tre personali come elementi a sé stanti, nettamente separate. In realtà, ambiente dopo ambiente, ciò che si percepisce è proprio un comun denominatore in termini d’intensità e desiderio di dialogare col mondo circostante.
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Silvestro | Deeton | Capitano
Galleria Il Ponte Contemporanea
Via di Monserrato, 23 (zona campo de’ Fiori) – 00186 Roma
Orario: da lunedì a sabato ore 12-20
Ingresso libero
Info: tel. +39 0668801351; fax +39 0668211034; info@ilpontecontemporanea.com; www.ilpontecontemporanea.com
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