Centocinquanta opere raccontano Andy Warhol e la sua visione attraverso un tuffo nell’America degli anni rock e dei Velvet Underground,  i celebri oggetti e i quadri simbolo dell’artista che l’amico e poi suo collezionista, Peter Brant, ha raccolto.
La curatela è prestigiosa, di Francesco Bonami; presente all’anteprima anche la neo- Presidente della Fondazione Brant, la figlia Allison, che abbiamo intervistato.
In che occasione suo padre ha conosciuto Andy?
‹‹Si incontrarono quando Warhol viveva ancora negli slums, era già abbastanza noto, ma non apprezzato.››
Si parla del 1967. Andy Warhol, il noto artista delle “celebrities”,  non andava del tutto a ruba!
Brant, interessato alla Pop Art, a Roy Lichtenstein e a Andy Warhol, va da Leo Castelli, il quale gli parla di “questo tipo che vive sulla Quinta Avenue, con una shot Marylin” . Un anno dopo, sparano anche a Warhol, è durante la convalescenza che Brant lo conosce. Quando già la sua arte subisce una trasformazione e la morte sarà sempre più presente nelle sue opere.
Allison, suo padre ha raccolto questa straordinaria serie di Warhol seguendo le opere dappertutto, ci racconta come è successo?
‹‹Premetto che non ci siamo fermati, ma quelle che oggi vedete a Roma sono finite tutte appese sulle pareti dell’appartamento allo United Nations Plaza, e poi nel Connecticut, alla fine degli anni 70, ma hanno fatto un lungo giro per finire lì .. un viaggio in Africa, per esempio, per comprare “30 are better than one” da una collezionista della Rhodesia››.
Warhol in Africa! Certo, non era un artista tipico, nell’ambiente artistico di New York non piaceva.
La grande mela, aveva ancora gli occhi imbevuti di Pollock, incuriosita da Jasper Johns  o Rauschenberg, perciò  forse, si può dire che  Andy  lo scopre Peter Brant!
Il percorso in mostra è la storia di un collezionismo appassionato su una figura delle più controverse del mondo dell’arte.
Warhol,commercial artist, rinuncia all’originale per la copia meccanica. Non è interessato se non alla fine del suo percorso alla storia dell’arte (c’è in mostra una grande serigrafia dell’Ultima Cena) Cosa ne avrebbe fatto, se non fosse morto, dopo aver celebrato, a Milano, la grande star della storia dell’arte, Leonardo?
Chissà , forse avrebbe nuovamente sconvolto le linee di tendenza artistiche, ma è nelle intenzioni primigenie della Pop Art essere un’ arte popolare, la cui attenzione si rivolge su oggetti qualsiasi, slogan, attori famosi, donne celebri.
Oggetti di consumo, off topic, fuori dal loro contesto abituale, per lo più isolati e sovradimensionati, diventano attori dell’opera atti a fare ironia sulla ripetitività della cultura di massa.
Piuttosto che farne oggetto di denuncia sociale, di un’America ormai decadente, Warhol, in anticipo sui tempi, ne adotta la Reproduzierbarkeit, e gioca, sul filo del rasoio, con concetti tradizionali – quali, creatività e genialità , valore eterno e mistero.
Condotti dal seducente sottofondo musicale, consigliamo di fare una visita di Sunday Morning per scoprire quello che siamo diventati, noi, mondo della societĂ di massa, che Warhol ha saputo prevedere e di cui ne ha intercettato potenzialitĂ , vantaggi insieme a drammi e perdita di senso.
Anna de Fazio Siciliano
Mostra visitata il 17 aprile
Dal 8 aprile al 28 settembre 2014
Andy Warhol
Palazzo Cipolla, via del Corso 320, Roma
Orari: lunedì 14-20
Martedì- domenica 10-20