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È una sorta di
compendio della sua ricerca artistica ciò che Maurizio Savini (Roma, 1962) ha realizzato per l’articolato
spazio della galleria romana. Solitamente, dei suoi lavori, sono evidenziati
l’aroma e l’inconfondibile colore rosa shocking, e poco evidenziati gli altri
significati che l’artista attribuisce al chewing-gum che utilizza. Per Savini,
infatti, quest’ultimo è un materiale che ha in sé i concetti della leggerezza e
del tempo.
Attraverso la
connaturata fascinazione pop esercitata dal chewing-gum, tra il serio e il
faceto Savini tocca alcuni temi, anche politici, che espressi diversamente
potrebbero allontanare il visitatore. L’idea della deperibilità, connaturale a
un materiale corruttibile col trascorrere del tempo, è invece superata grazie
alla trasformazione della gomma in una sorta di porcellana.
Sin dalla prima opera,
all’ingresso della galleria, è chiaro che ci si imbatterà in qualcosa
d’intricato. Otto bottiglie riempite di liquido cristallino, ciascuna con una
lettera rossa, a comporre la parola Tomorrow, titolo dell’opera nonché della
mostra stessa. Bottiglie legate da una tessitura di rovi, dietro le quali è
posto uno specchio che le moltiplica e insieme riflette l’astante. Lo
spettatore, che si specchia quindi nella scritta, “è invitato a pensare che questo futuro sia in
realtà molto prossimo, è appunto domani”, come spiega Savini.
Confusi con Hänsel e Gretel, i due bimbi di Se vuoi, puoi cancellare i tuoi ricordi
rappresentano il nuovo costume statunitense di somministrare farmaci per
rimuovere dalla memoria i traumi subiti. La presenza, sopra le loro teste, di Torna
il vento dell’est,
“teneri” palloncini rosa dal cui filo pendono alcuni bossoli, indica che i
traumi da eliminare sono però quelli nefasti della guerra.
Contrariamente al
solito rosa, nel Transplant che gli fa da quinta scenografica, Savini usa il giallo
per conferire un senso auratico alla scultura. Ma, nella loro semplicità,
insieme a quelle rosa, le pitture murali esprimono un paradosso: sono
planimetrie senza via d’uscita che addirittura acquistano, con la nuda
lampadina, la terza dimensione.
Capisco, per te è
difficile chiamarlo dolore, Antica simbologia e fardelli della verità e Due per uno sono tre bandiere appese al muro
e bloccate da rovi di rosa che constatano gli annosi cattivi rapporti – di ieri,
di oggi, di domani – fra alcuni “stati” del Medio Oriente. Mentre, con la
doppia rappresentazione del broker, Savini sottolinea come questa figura sia
diventata la nuova icona del nostro secolo.
Erroneamente
interpretato come crocefisso, in realtà Last call è un broker bloccato, in un
movimento di slancio, dalla crisi finanziaria che sta travagliando il nostro
presente. Mentre, ne La sindrome di Pilato, il secondo broker è intento a lavare la bandiera
dell’Italia, vessillo di una nazione che è messa letteralmente sotto i piedi
(vedasi la suola delle scarpe).
Più in generale, è
l’artista stesso che cerca di lavare i propri pensieri. Identificazione non
molto peregrina se, nella Sovrapposizione logica di due piani apparentemente
simili, al centro
di un classico organigramma aziendale è posto l’artista e il ruolo che ricopre.
Almeno negli altri paesi occidentali.
compendio della sua ricerca artistica ciò che Maurizio Savini (Roma, 1962) ha realizzato per l’articolato
spazio della galleria romana. Solitamente, dei suoi lavori, sono evidenziati
l’aroma e l’inconfondibile colore rosa shocking, e poco evidenziati gli altri
significati che l’artista attribuisce al chewing-gum che utilizza. Per Savini,
infatti, quest’ultimo è un materiale che ha in sé i concetti della leggerezza e
del tempo.
Attraverso la
connaturata fascinazione pop esercitata dal chewing-gum, tra il serio e il
faceto Savini tocca alcuni temi, anche politici, che espressi diversamente
potrebbero allontanare il visitatore. L’idea della deperibilità, connaturale a
un materiale corruttibile col trascorrere del tempo, è invece superata grazie
alla trasformazione della gomma in una sorta di porcellana.
Sin dalla prima opera,
all’ingresso della galleria, è chiaro che ci si imbatterà in qualcosa
d’intricato. Otto bottiglie riempite di liquido cristallino, ciascuna con una
lettera rossa, a comporre la parola Tomorrow, titolo dell’opera nonché della
mostra stessa. Bottiglie legate da una tessitura di rovi, dietro le quali è
posto uno specchio che le moltiplica e insieme riflette l’astante. Lo
spettatore, che si specchia quindi nella scritta, “è invitato a pensare che questo futuro sia in
realtà molto prossimo, è appunto domani”, come spiega Savini.
Confusi con Hänsel e Gretel, i due bimbi di Se vuoi, puoi cancellare i tuoi ricordi
rappresentano il nuovo costume statunitense di somministrare farmaci per
rimuovere dalla memoria i traumi subiti. La presenza, sopra le loro teste, di Torna
il vento dell’est,
“teneri” palloncini rosa dal cui filo pendono alcuni bossoli, indica che i
traumi da eliminare sono però quelli nefasti della guerra.
Contrariamente al
solito rosa, nel Transplant che gli fa da quinta scenografica, Savini usa il giallo
per conferire un senso auratico alla scultura. Ma, nella loro semplicità,
insieme a quelle rosa, le pitture murali esprimono un paradosso: sono
planimetrie senza via d’uscita che addirittura acquistano, con la nuda
lampadina, la terza dimensione.
Capisco, per te è
difficile chiamarlo dolore, Antica simbologia e fardelli della verità e Due per uno sono tre bandiere appese al muro
e bloccate da rovi di rosa che constatano gli annosi cattivi rapporti – di ieri,
di oggi, di domani – fra alcuni “stati” del Medio Oriente. Mentre, con la
doppia rappresentazione del broker, Savini sottolinea come questa figura sia
diventata la nuova icona del nostro secolo.
Erroneamente
interpretato come crocefisso, in realtà Last call è un broker bloccato, in un
movimento di slancio, dalla crisi finanziaria che sta travagliando il nostro
presente. Mentre, ne La sindrome di Pilato, il secondo broker è intento a lavare la bandiera
dell’Italia, vessillo di una nazione che è messa letteralmente sotto i piedi
(vedasi la suola delle scarpe).
Più in generale, è
l’artista stesso che cerca di lavare i propri pensieri. Identificazione non
molto peregrina se, nella Sovrapposizione logica di due piani apparentemente
simili, al centro
di un classico organigramma aziendale è posto l’artista e il ruolo che ricopre.
Almeno negli altri paesi occidentali.
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Galleria Oredaria
Arti Contemporanee
Via Reggio Emilia, 22-24 (zona Porta Pia) – 00198 Roma
Orario: da martedì a sabato ore 10-13 e 16-19.30
Ingresso libero
Info: tel. +39 0697601689; info@oredaria.it;
www.oredaria.it
[exibart]