Questo evento, nella scelta tematica che lo ispira, conferma come, oltre la gestualità informale condivisa in gioventù con gli artisti di Piazza del Popolo (Schifano, Angeli, Fioroni..) e al di là delle ricerche commerciali-oggettuali della pop nordamericana, Tano Festa riuscì ad aprirsi, sin dai primissimi anni ’60, la modernissima via di un ritorno alla figurazione, declinato su di una inedita visione ironica del classico.
Difatti le sue foto-pitture (ri-produzioni) di immagini simbolo dell’arte, reinventarono la classicità attraverso la citazione straniante, ch’egli pose da subito quale spazio aperto e fecondo entro cui vivere il confronto con i tempi della memoria. Che tale confronto abbia informato le esperienze successive dell’arte (Trans-Avanguardia, Citazionismo ..) e che sia stato il frutto di ricerche precedenti e parallele i
D’altro canto il popular del romano non poté che ricavarsi da un quotidiano incontro con le testimonianze del passato e scandito su di una dimensione dell’esserci, quella della memoria appunto, naturalmente invasiva a Roma. Infatti i suoi plot (le sue trame foto-pittoriche), che selezionano l’essenza dell’immagine citata e sceneggiata nella ri-costruzione dipinta, risultano essere, in un’ottica storicizzata, proprio come il campo base del contemporaneo neobarocchismo culturale registrato dal semiologo Calabrese e, più indietro, del neomanierismo teorizzato da Bonito Oliva.
Dunque un’arte attualissima la sua, costruita pre-disponendo affettivamente un blob di simboli e di miti d’arte riconvertiti in slogan slogati: capaci cioè di liberissimi colloqui nella casa di un tempo stretto da salti concettuali vertiginosi. Bisogna aggiungere in più che egli ruppe con il mito dell’artista demiurgo, apolide creatore astorico, per affermare un’idea eretica ed errante di artista-filologo detentore di una forte
E’ proprio in questa ottica che nacquero le serie in mostra ispirate alla classicità, sia essa quella naturalistica di Van Eyck, sia quella familiare, reiterata e attualizzata, del Michelangelo della Sistina. Così, nell’erotismo dei campi monocromi e negli sfondi informali con i quali lenticolarmente andava incorniciando il particolare significante, Festa creò la sua classicità attraverso un’attenzione selettiva che celebrava i suoi personali miti degli adamo dell’arte. Perché l’arte è plagio(Festa) e tutti gli artisti, se autenticamente tali, necessariamente si ritroveranno a colloquiare nella Casa dell’Arte (conferma Paolini in catalogo). Casa che è sempre specchio riflettente ombre affollate della memoria perché -concludendo in tema con una citazione della citazione- Festa è da considerare inequivocabilmente quale artista cattolico, apostolico, romano(Bonito Oliva).
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