Avevamo lasciato VM21 con
Alterazioni Video. Progetto decisamente denso, forte di un corrispettivo contemporaneo, nelle sue accezioni sociale e politico, saldamente impiantato nelle immagini, nella scelta dei media e nel coinvolgimento dello spazio della galleria. Mostre del genere, ricche di progettualità e responsabilità formale, non possono che far bene a una Roma, fresca di fiera, che muove passi o passetti verso il contemporaneo.
Con
Cosmic love,
Goldiechiari -pur confermando un’attitudine audace alla sperimentazione- abbassano il tiro con un progetto interessante per l’enfatizzazione di una situazione assurda, ma non del tutto convincente per una scelta iconografica che rimane poco innovativa, non riuscendo a sostenere un gradevole concetto interno. Ovviamente non è mai il caso di fare paragoni tra una mostra e un’altra, ma in questo sì, per un’analisi comparativa sul temperamento delle immagini, l’interazione richiesta, il contesto sociale a cui riescono ad appartenere e il peso che le mostre hanno all’interno di esso.
Cosmic love va per gradi. Un percorso su livelli che parte dalla fissa bidimensionalità del light box per giungere all’impegnativa tridimensionalità del video e più ancora dell’installazione. Lo scatto che si crea tra bidimensionale e tridimensionale è il medesimo che rende possibile il coinvolgimento del singolo spettatore, chiuso nella visione passiva del primo, contro la collettiva dilazione attiva del secondo. In una sequenza continua di sexy toy, trainati da un “diabetico” carattere ludico, l’utente vive questa doppia visuale esterna-esonerante ed interna-implicante di una medesima realtà, vista in ottiche differenziate e in ragionamenti sempre più consistenti.
Il video gioca appunto sull’indagine di oggetti scrutati in vicinanza e in lontananza, fino alla loro complessiva e unitaria visione, persi nello spazio. Da una parte, quindi, il distacco emotivo di una costellazione di stimolatori colorati, la cui impalpabile lontananza impone la delirante sensazione di distacco in un forte rimando kubrickiano. Dall’altra, le due grandi sfere in pvc “distraggono” la visione dal video, colpiscono per la totale invasione dello spazio principale e spingono il visitatore in un coinvolgimento che è forte per il peso sociale che, in qualche modo, invita a sostenere. La visione “uterina” o “anale”, ovviamente dall’interno, responsabilizza l’utente grazie all’ottica “altra” che l’oversize impone, relegandolo in uno spazio chiuso, da condividere claustrofobicamente con le due grandi masse.
Il sapore ludico è una sottile patina iniziale che, mano a mano, si sfalda a favore di un’imposta e seriosa vicinanza, che può indurre a riflettere su problematiche ambientali in cui siamo coinvolti e di cui siamo artefici. Parliamo quindi di letture ipertestuali, tenui nella forma e voluminose nell’argomento. E che si lasciano attraversare nel disgregato percorrimento di gremite immagini condivise.