Gioco, fantasia, sorriso: in queste tre parole la sintesi della poetica di
Massimo Barberis (Roma, 1971; vive a Roma e Anzio). Alla seconda, poi, l’onore di assurgere a titolo di questa personale alla galleria Luxardo.
Fantasia, del resto, si chiama anche la più grande opera esposta, che occupa un’intera parete con i suoi oltre due metri di lunghezza. Nella totale libertà, l’autore guarda il mondo come farebbe un bambino, catturando coloratissime tracce della realtà. “
È un po’ come guardare le nuvole”, spiega. “
Il caos crea delle forme, anche in natura, in cui ognuno può vedere quello che vuole”.
Il processo è, prima di tutto, fotografico. Barberis si diverte a scattare fotografie dalle angolazioni meno prevedibili. Punti di osservazione anomali, inquadrature poco ortodosse. Il passaggio successivo è l’elaborazione grafica al computer, materia di cui è particolarmente padrone chi, come lui, lavora nel campo pubblicitario come art director dal ‘95. Tappa finale, la stampa su tela e la creazione manuale del telaio, che contribuiscono a rendere appetibile il prodotto finale.
Fondamentale l’utilizzo dei colori primari: “
Uso i colori saturi, primordiali, che piacciono tanto ai bambini, perché percepibili da loro in maniera più diretta. Facendoci caso, i giocattoli della prima infanzia sono tutti progettati e costruiti con l’utilizzo dei colori primari”. Barberis non ha una preferenza. Nelle sue grandi tele c’è tanto ciano quanto magenta e giallo. Alcune volte le combinazioni danno vita a esplosioni cromatiche in cui fanno veloci comparse le scritte, non necessariamente leggibili. Dinamismi di gusto futurista.
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Per deformazione professionale sono abituato a trattare le immagini con uno scopo preciso. La pubblicità è fatta di interazione tra immagini, che devono sempre esprimere un concetto, e titolo. In questi miei lavori fotografici, invece, riesco a liberarmi di tutto ciò”. Lasciandosi trasportare dall’irrazionale, Barberis permette quindi all’osservatore di entrare in questa dimensione poetica.
Tra le visioni variopinte, anche un momento della grande festa al Circo Massimo, il 10 luglio 2006, per la vittoria degli Azzurri ai Mondiali di calcio. Però, senza le dovute spiegazioni, sarebbe tutt’altro che facile riportare alla pura descrizione questa suggestiva evocazione.