“
Avevo spremuto l’impressionismo quanto più potevo ed ero giunto alla conclusione che non sapevo né disegnare né dipingere”, affermava Renoir ad Ambroise Vollard. “
In una parola l’impressionismo era, per quanto mi riguardava, un vicolo cieco”. C’è la piena consapevolezza di una fase artistica ormai conclusa in queste parole di
Pierre-Auguste Renoir (Limoges, 1841 – Cagnes-sur-Mer, 1919).
Siamo all’inizio degli anni ’80 e la svolta seguirà a breve, in concomitanza con il viaggio in Italia. Un soggiorno di qualche settimana dall’autunno del 1881 alla metà di gennaio del 1882, con tappe a Venezia, Roma, Napoli, Palermo. Un viaggio durante il quale l’artista francese riscoprirà la forma classica, con le sue linee ben definite e i colori uniformi: “
Raffaello non lavorava ‘en plein air’ eppure aveva studiato gli effetti della luce del sole perché i suoi affreschi ne sono pieni. Lavorando ‘en plein air’ io ho finito per vedere solo le grandi armonie, senza più curarmi dei piccoli particolari che offuscano il sole anziché farlo splendere” scriveva a Madame Charpentier nel 1882.
L’eredità di
Raffaello, soprattutto attraverso gli affreschi della Farnesina,
ma anche di altri autori come
Rubens e
Tiziano,
Fragonard e
Watteau si concretizza nei grandi nudi femminili visibili in mostra:
Bagnante che si asciuga la gamba destra,
Bagnante di profilo,
Bagnante che si asciuga il braccio destro. “
Nudi che appaiono come la personificazione della eternità della natura, di un sogno dell’‘età dell’oro’, lontana dal disagio della civiltà”, scrive in catalogo Maria Teresa Benedetti. “
In tal senso Renoir si rivela un singolare precursore del classicismo del nostro secolo”. La studiosa suggerisce i nomi di
Matisse,
De Chirico e
Picasso.
Una mostra importante che, a differenza di quella del ‘99 incentrata sulla collezione del Museo Renoir di Cagnes-sur-Mer, annovera 130 pezzi provenienti da musei di tutto il mondo, a partire dalla National Gallery of Art di Washington, con i pannelli di
Fanciulla con cesto di pesci e
Fanciulla con cesto di arance, fino a quella splendida miniatura con
Gli ulivi a Cagnes-sur-Mer dipinta a olio nel 1910 e appartenente alla New Art Gallery di Walsall.
Tra le altre opere in mostra, che includono sculture, disegni, litografie e una serie interessante di lettere autografe -molte delle quali scritte all’amico
Claude Monet– provenienti dalla collezione del Musée des lettres et manuscrits di Parigi, anche il
Ritratto di Wagner (1882), di cui Benedetti riporta un aneddoto curioso. Pare che Renoir fosse andato a Monreale, oltre che per ammirare i mosaici, per ritrarre il celebre compositore che risiedeva all’Hotel des Palmes. Nei trentacinque minuti che gli furono concessi, il suo modello divenne sempre più rigido. Vedendo il ritratto, poi, Wagner commentò che sembrava un pastore protestante.
“
In realtà colpisce l’aria serena del compositore”, scrive Maria Teresa Benedetti, “
trasformato da Renoir in un simpatico prelato, il cui aspetto è lontanissimo dalle caratteristiche tempestose e drammatiche di quella personalità”.