Le opere dell’artista romana
Anna Esposito sono metaforicamente delle
Moltitudini, tema sul quale si snoda l’intera mostra curata da Francesca Pietracci. Le fotografie sono come discorsi, riflessioni che Esposito si porta dentro per mesi o anni, in cui esprime la sua opinione riguardo alla società e a ciò che, all’interno di essa, crea disagio e allarme. L’artista esplora tematiche e soggetti diversi sia del mondo animale che umano, cercando immagini che combacino con le sue intuizioni, per poi ritagliarle, riprodurle, incollarle. In mostra sono esposti lavori che esprimono in maniera evidente il concetto di massa e agglomerati, dalle opere più datate a quelle più recenti. In
Crepuscolo (2005) si avvicendano un insieme di grattacieli calati dentro il filo della pellicola fotografica. Lo spazio diviene impossibile, gli edifici si perdono l’uno nell’altro, mentre la pellicola sottolinea la presenza di un’immagine sempre uguale, che si ripete a oltranza in maniera monotona. La massa tende a escludere ogni tipo di anormalità e, nel frattempo, il mezzo fotografico diventa sia forma che contenuto.
Attraverso queste opere, Esposito denuncia il male che ammorba sia il corpo che l’anima, e le moltitudini d’immagini diventano le moltitudini di stati d’animo. L’artista trasforma ciò che vede in qualcos’altro attraverso una riflessione e un lavoro lungo ed estremamente accurato, che prevede un processo creativo di volta in volta differente. Le opere riflettono le ossessioni dell’epoca in cui l’artista vive e ha vissuto. La sua arte è espressione del disagio e della protesta nei confronti di una società dei consumi a dir poco invadente. Slogan e copertine s’impadroniscono fin dagli anni ’70 dei muri della città e dell’immaginario collettivo popolare, tutto diventa riproducibile ai nostri occhi. Nelle opere di Anna Esposito ecco il ripetersi delle immagini che, come sottoposte a operazioni matematiche, si moltiplicano, vengono divise, sottratte, aggiunte. I soggetti vengono scelti e in alcuni casi fotografati dall’artista stessa, altre volte invece sono riproduzione di ritagli: parti del corpo femminili, edifici cinesi in ristrutturazione, animali, cappelli e cappelletti.
Nei suoi lavori si coglie sicuramente un’influenza di stampo surrealista e una serie di intuizioni che silenziosamente prendono corpo nella sua sensibilità. Le opere
Pance (optical1),
Didietro (optical2),
Seni (optical3),
Pube grigio (optical4) sono sensuali ma delicate. I dettagli e le forme del corpo diventano, attraverso la loro ripetizione, qualcosa di completamente nuovo, geometrico e astratto. In
Passo dell’oca (1992), l’artista trasforma l’immagine di un gruppo di ginnaste durante il periodo fascista in un branco di oche, protestando contro l’obbligo di praticare lo sport. In un altro lavoro, un gruppo di tacchini ammassati e interrogativi simboleggiano ancora una volta la disapprovazione nei confronti del consumismo.