Nel visitatore nasce subito la sensazione di esclusione dal rituale dell’appartenenza, a causa del riflesso della propria immagine sulla superficie specchiante posta sul retro delle fotografie, disposte in cerchio nell’ex chiesa tardo barocca di Santa Rita da Cascia. Una scelta consapevole, quella di
Anastasia Khoroshilova (Mosca, 1978; vive a Mosca e Berlino), sia di stampare le immagini a grandezza quasi naturale che di ricorrere al bianco e nero. Il colore, infatti, potrebbe distrarre dall’aspetto fondamentale che lega questi bambini e ragazzi, allievi di due delle tre scuole ebraiche di Mosca.
Il cerchio ristretto, realizzato nel novembre del 2007, è la documentazione di un mondo a sé: “
Il tema del cerchio ristretto percorre tutta la mia attività”, spiega la giovane fotografa in occasione della sua prima personale romana. “
Mi piace studiare i cerchi sociali. Questo cerchio rappresenta una minoranza religiosa, quella degli ebrei, in un paese di fede ortodossa. Il prossimo progetto, invece, sarà tutto incentrato sulla vita in un monastero russo”.
Nelle sedici fotografie, altrettanti studenti di un’età compresa tra i sei e i diciott’anni, cioè dall’inizio alla fine del cammino formativo pre universitario. L’artista ha scelto come fondale i corridoi, gli angoli delle aule, luoghi di per sé anonimi. Quanto ai protagonisti, il loro look denota la contaminazione della globalizzazione, eppure qualche segno distintivo è ben evidente. Molti ragazzi portano sul capo la
kippah e alcuni fra i più grandi mostrano i
tefillin.
“
Non so se li ho disturbati con la mia presenza,”, continua Khoroshilova, “
ma, sicuramente, ho colto l’orgoglio di questi ragazzi. Il senso di appartenenza a un gruppo sociale e religioso. Posare per loro è stata l’occasione per affermarlo con grande rispetto”.
In mostra anche un video, realizzato a Roma per l’occasione, che inquadra alcune tappe salienti del suo percorso artistico, a cominciare da
Bezhin Meadow, incentrato sui contadini russi, con citazioni letterarie e cinematografiche di Turgenev, Sorokin e Eisenstein, fino a
Islanders, sugli abitanti di residenze temporanee: orfanotrofi, monasteri, collegi.
L’attenzione per il sociale è il leitmotiv del lavoro di quest’artista del “
post diaspora”, come scrive Viktor Misiano. Anastasia Khoroshilova, come molti altri intellettuali del suo Paese, ha studiato all’estero, in Germania, conseguendo la laurea in fotografia all’Università di Duisburg ed Essen, e specializzandosi in fotografia per documentari, per poi rientrare in Russia. L’esordio professionale risale al 1996, con la partecipazione alla collettiva
New Alphabet alla prima Biennale Internazionale di Fotografia di Mosca.
Tra i suoi mentori non è difficile scorgere da
August Sander -come sottolinea Federica Pirani- “
esplicitato nell’enciclopedico progetto de ‘L’Uomo del XX secolo’, ai lavori di Otto Dix e del movimento Nuova Oggettività. Ma anche altre più recenti ricerche mostrano analoghe matrici di interesse: dalla quotidiana anormalità dei ritratti di Diane Arbus alla solitudine esistenziale dei ragazzi ripresi sulla spiaggia della fotografa olandese Rineke Dijkstra”.