È una cartolina da un futuro post-atomico, quella che manda da Roma lo street artist Pixel Pancho (Torino, 1984). Piemontese di nascita e di residenza, l’artista è invitato dalla Galleria romana VARSI a reinterpretare lo spazio e l’ambientazione di questa città, che appare in condizioni critiche ma anche incredibilmente prolifica di mostre interessanti, come questa. In questo caso il merito va dato sicuramente a chi con coraggio, nonostante la giovane età, continua a lottare per portare in città le proposte più interessanti del panorama urbano internazionale.
Fortemente voluta dal gallerista ventinovenne di VARSI, Massimo Scrocca, la mostra “Androidèi” rappresenta un’importante mostra personale dell’artista Pixel Pancho, conosciuto ed apprezzato in tutto il mondo per la sua umanità robotica e non solo, seguito e apprezzato dai più raffinati addetti ai lavori.
Odore di muffa e terra morbida sotto i piedi. Non è uno scavo, non è il passato, quello che si vede entrando in galleria la sera dell’inaugurazione è un messaggio recapitato da una futuristica chiavetta usb in grado di trasmettere e conservare le tracce dei suoni, degli odori, della ruggine incrostata sulle pareti. Cosa resterà della città quando tutto sarà finito? I membri della resistenza stanca, specie di androidi dalla natura ibrida, assumeranno probabilmente le sembianze di antichi eroi di epoca classica. Sono davvero mezzi robot e mezzi dèi o hanno giocato a travestirsi, nell’epica scena finale del pianeta? E allora ricompaiono gli elmi, i torsi nudi, i panneggi, la lotta a mani nude. La stessa che con il tema Teseo e il Minotauro, viene riportata dall’artista sul muro realizzato a Primavalle in una collaborazione tra VARSI e Muracci Nostri, associazione attiva nel quadrante ovest di Roma.
Interno ed esterno, sempre, come nella migliore tradizione street. “I robot sono i nuovi dèi. Gli “Androidèi” sono le nostre paure, la nostra speranza ”, svela Chiara Pietropaoli nel testo critico che accompagna il catalogo, con immagini dei numerosi muri di Pixel. E che segna la collaborazione della giovane curatrice con VARSI, galleria protagonista della scena urbana italiana e internazionale. Umanità sub-umana, quella ritratta da Pixel Pancho, che parla metaforicamente di un uomo ormai estinto ma diventato famoso nei secoli grazie ai suoi eterni problemi esistenziali. Declinata dall’artista, di chiara formazione accademica, nei diversi linguaggi esecutivi che maneggia con assoluta padronanza: le tele catturano la colorata iconicità di un passato glorioso; i disegni delineano la progressione analitica del tratto; le incisioni scavano nella profondità dei solchi più espressivi; la scultura, che nasce contaminata dalla muffa, si crepa per lasciar traspirare le spore al suo interno. Un monito sembra essere lanciato da Pixel Pancho alla città eterna: cerchiamo di costruire ancora un po’ di storia, altrimenti fino ai tempi a venire, troveremo sempre e solo elmi, scudi e spade.
Mariangela Capozzi
mostra visitata il 19 febbraio 2016
Dal 19 febbraio al 03 aprile 2016
Pixel Pancho, Androidèi
VARSI
Via di San Salvatore in Campo, 51 – 00186 Roma
Orario: martedì a sabato dalle 12:00 alle 20:00, domenica dalle 15:00 alle 20:00