Claudio Adami (CittĂ di Castello, Perugia, 1951; vive a Roma) torna a esporre allo Studio Casagrande il risultato del suo lavoro, proponendo una selezione di opere recenti, su carta, di grande formato. A un primo sguardo appaiono come composizioni astratte, rigorose e geometriche: i fogli â montati alle pareti in cornici di plexiglas o sciolti o tenuti insieme in forma di libro â presentano unâalternanza di rettangoli neri che, articolandosi sul fondo bianco, determinano un motivo a scacchiera.
Solo avvicinandosi alle superfici di questi lavori si scorge la natura del fare di Adami, pratica giornaliera che lâartista interpreta come â
quotidiana redazione artistica del sĂŠâ e che consiste in un esercizio grafico su carta: scrivere cancellando, seguendo lâandamento delle righe dei fogli, conservando le pause e gli intervalli. Pagine nere compongono diari silenziosi dove le date, stampate meccanicamente con un datario, sono lâunica traccia visibile dello scorrere dei giorni e scandiscono la quantitĂ di spazio che, in un tempo giornalmente prestabilito, lâartista ha campito con il medesimo gesto. Ă dunque il gesto, il fare, il fulcro della ricerca dellâartista; un gesto adottato sin dal 1979. Inizialmente Adami trascrive testi di Samuel Beckett; successivamente esegue una scrittura de-significata che, come ricordano gli autori dei testi in catalogo, si avvicina allâattivitĂ dei calligrafi orientali, assunta come pratica di meditazione e avvicinamento al trascendente.
Lâinsieme dei lavori di Adami costituisce unâinesauribile interrogazione sul tempo e sul suo significato; la forma di espressione artistica adottata è coerente e rigorosa, vicina in questo alla ricerca condotta da
Roman Opalka e da
On Kawara, e si fonda sulla reiterazione di una scrittura svolta e insieme negata, che nel suo farsi determina la durata del tempo.
Le forme che si generano sono â
astrazioni controllatissimeâ, composizioni minimali, singole ma indivisibili: il corpus dei lavori costituisce nel suo insieme unâautobiografia antinarrativa, che si affida allâatto artistico come generatore del tempo e dello spazio dellâarte e della vita. Lâopera, in questa modalitĂ , è svincolata da una finalitĂ o da un progetto, ma vive del solo presente e del suo costituirsi come memoria del quotidiano fluire dellâesistenza.
Le righe cancellate, coperte da spesse strisce nere, richiamano alla mente, nella resa formale, le opere di
Emilio Isgrò, incentrate però, a differenza di quelle di Adami, sulla decostruzione del testo e dei processi di comunicazione. Del suo lavoro Isgrò ha detto: â
Io cancello le parole per custodirle, è un segno di salvezzaâ. Ma non è forse anche lâopera di Adami un tentativo di salvarsi dalla perdita di senso del tempo?