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Fino al 3.XII.2017 | Bagnanti in Studio | Spazio Pianoterra, Roma

di - 3 Dicembre 2017
Suggestioni acquatiche sono al centro della prima mostra di un nuovo spazio espositivo capitolino, in zona Esquilino, che ospita da un anno lo studio dell’artista Massimo Ruiu e s’inaugura ora come contenitore vocato a una programmazione di eventi che puntano al confronto dialettico fra gli artisti e alla sperimentazione al di fuori delle logiche di mercato. Bagnanti d’autunno dunque per la première, che vede Ruiu impegnato nella doppia veste di curatore e di artista. Accanto alle sue, opere di Gea Casolaro, Stefania Fabrizi, Gonzalo Orquín e Piero Pompili, per una collettiva che esalta l’amicizia tra gli artisti e celebra un percorso di condivisione, riunendo lavori diversi a partire dal comune denominatore del tema. Non è insolito, per Ruiu, rivestire anche i panni del curatore (è stato impegnato in questo ruolo soprattutto negli anni Novanta). Per l’occasione, fa un gioco di citazioni all’interno della memoria personale e collettiva, non solo affiancando opere nuove al recupero di vecchi lavori, ma anche tessendo una fitta rete di riferimenti a mostre fatte negli ultimi quattro lusti dai suoi sodali e da lui.
Il percorso si apre con due opere fotografiche di Piero Pompili: una “Sacra famiglia” (1993) di gusto neorealista, che dorme abbandonata e inconsapevole sotto l’ombrellone, e un mosaico di venti piccole stampe di scatti dal 1993 al 2008. Sono visioni di bagnanti con cui il fotografo si ferma a parlare, colti in un breve tratto di spiaggia a Ostia in un lasso di tempo ampio. Nella pulizia del bianco e nero, l’intensità dei ritratti e la lettura antistatuaria dei corpi classici privi di tatuaggi parla di un tempo passato di una leggerezza assolata, tra malinconia e ironia. Gli “Étude puor homme au bain” (2017) di Gonzalo Orquín sono due matite preparatorie per un grande dipinto in via di realizzazione, due pose di uno stesso giovane corpo maschile visto di schiena e intento ad asciugarsi, in un’intimità sensuale intrisa di luce preziosa. Montati come se fossero parte di una stessa sequenza cinematografica, gli “Acquerelliacquatici” dipinti quest’estate da Stefania Fabrizi sono veloci appunti da spiaggia che fanno dell’acqua allo stesso tempo medium e oggetto della rappresentazione. A questi formati minuti, fa da controcanto un lungo velo sul quale sono dipinte le teste di tre nuotatori che affiorano dall’acqua, proposto in modo installativo in una delle vetrine affacciate all’esterno dello studio. “Il nuotatore fa volare in alto le lacrime dell’acqua ferita dal suo corpo”, diapositiva proiettata sul soffitto, è un’opera di poesia visiva di Gea Casolaro del 1994, agli albori del suo percorso da artista. Fu presentata all’epoca alla festa conclusiva di una mostra intitolata “Quadri d’acqua”, una triangolazione fra Marco Bondi, Paolo Fiorentino e lo stesso Ruiu.
Stefania Fabrizi, 2017, Acquerelliacquatici, acquerello su carta
La proiezione di Casolaro dialoga con la videoinstallazione di Massimo Ruiu “Il nuotatore non sa che le lacrime delle sirene sono salate” (1996), a testimonianza del felice connubio fra le poetiche dei due artisti a metà degli anni Novanta. Protagonista del video è un nuotatore che lentamente attraversa lo schermo, parlando di tempo e memoria: un autoritratto della fluidità che, nella constatazione eraclitea dello scorrere, eleva una memoria personale a memoria mitica. Se nella sua prima versione l’installazione – opera viva e contemporanea al suo creatore – prevedeva un filmato a colori su un monitor inserito all’interno di un sarcofago antico riempito di sale, ossatura fossile di un mare ancestrale ormai prosciugato e di cui resta appena un ricordo, oggi viene invece riproposta in bianco e nero, divenendo citazione di se stessa all’interno di una scatola nuova, sempre incrostata di sale, in cui osservare le bracciate ritmiche dell’artista come appariva vent’anni fa. Sono i meccanismi concettuali a interessare Massimo Ruiu e lo dimostrano le altre sue due opere in mostra. Il “Nuotatore” del 1994 dà un ruolo attivo al vetro che solitamente chiude l’opera, trasformandolo in materiale pittorico in virtù di una semplice operazione di ricomposizione degli elementi tradizionali dell’oggetto-quadro, capace di superare il loro valore d’uso. Le scarpe di “Ustica” (2010), conservate in un barattolo pieno d’acqua marina, si annoverano tra i tentativi dell’artista di ricostruire la storia perduta di chi non ha lasciato traccia, di restituire una voce a chi non ha avuto la possibilità di raccontarla. Delle persone scomparse in acqua restano appena i pensieri, suggerisce Ruiu, affidati alle scarpe abbandonate insieme alla necessità della terra. Dal buco nero della storia, un tributo ai fantasmi di coloro che, nell’affollato teatrino dei bagnanti d’occasione, sono gli ospiti fissi e invisibili a cui nessuno bada più.

Francesco Paolo Del Re
Mostra visitata il 18 novembre
Dal 18 novembre al 3 dicembre 2017
Bagnanti in studio
Spazio Pianoterra – via Napoleone III 98 00185 Roma
Orari: su appuntamento
Info: 338.4228600

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