È ancora possibile tornare a un tipo di pittura tradizionale, fatta di preparazione in gesso e sovrapposizione di velature, concretizzata nel più classico
olio su tavola?
Steven Gontarski (Philadelphia, 1972) sembra rispondere affermativamente. La serie di dipinti in mostra nella sede romana di Changing Role cita i maestri del Rinascimento nord-europeo, trasponendo tecnica e iconografia nel presente più immediato. La posa di tre quarti, il gioco di ombre, lo sfondo nero ardesia ripropongono modi e linguaggi che sembrano vivere solo nella storia. A ciò si aggiunge un’attenzione al particolare tipicamente fiamminga, seppur concentrata su accessori tipicamente contemporanei. È il caso delle linee argentate che tracciano il contorno di figure angeliche disegnate a matita su carta. È il caso dell’orecchino portato dall’enigmatico
Frazier D., il cui sguardo è attratto da qualcosa situato al di fuori del campo d’azione.
Gli occhi color ghiaccio dei personaggi ritratti -tutti amici dello stesso Gontarski- celano un alone di mistero, amplificato dai rimandi simbolici che l’artista lascia qui e là, indizi sparsi di un quadro più complesso. La piuma di pavone, ad esempio, simbolo di vanità. E soprattutto la presenza del velo, la cui realizzazione crea un raffinato gioco di trasparenze, mostrando e nascondendo al tempo stesso. Il tema della copertura compare anche nel busto
Gamma III, realizzato in vetroresina e poi laccato in nero, passaggio che nasconde le imperfezioni del materiale e le tracce procedurali, apparendo come
creazione piuttosto che come banale
fattura.
Il busto è la scelta monumentale per eccellenza: a lui spetta di
monere l’effigiato, conferendogli imperitura memoria. Contrasta però con l’intento celebrativo la bendatura di occhi e bocca, che rende irriconoscibile il soggetto.
Allo stesso modo, il
Red Obelisk chiama in causa la scultura classica, per poi trasfigurarla con il rivestimento scarlatto smaltato e il graffito bianco apposto alla base. Tutti segni di una rilettura del classico che filtra attraverso lo sguardo dell’oggi. Che avverte il senso effimero del ricordo, condensato nel
frozen moment che blocca i personaggi ritratti.
Gontarski s’impegna in una monumentalizzazione dell’evanescenza attingendo formalmente e a più riprese alla storia dell’arte, guardando al Barocco e al Futurismo, a
Dürer e a
Dalí. Rischiando di fallire per contraddizione di partenza. La sua galleria di ritratti, pittorici e scultorei, guarda al passato restando muta davanti al presente. Su questo, cala l’immancabile velo steso dall’artista.
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Mi domando se la mostra sia stata veramente visitata, io l ho visitata e la scultura gammaIII è viola non nera....esempio a caso...