Nel linguaggio
di
Arnaldo Pomodoro (Morciano di Romagna, Rimini, 1926; vive a Milano) è
stata universalmente riconosciuta una delle più efficaci espressioni della
scultura contemporanea. Le sue opere governano e scandiscono lo spazio nel
quale sono collocate e si fanno di volta in volta oggetto urbano o
architettonico. Ovunque siano: al MoMA di New York o in una piazza di Mosca,
Copenhagen, Dublino, Brisbane, Roma, Milano.
È proprio nella
Milano della fine degli anni ’50 che Pomodoro inizia a delineare il suo
percorso, frequentando artisti e uomini di cultura come
Lucio Fontana,
Enrico Baj,
Ugo Mulas,
differenziandosi gradualmente del fratello
Giò Pomodoro. Iniziano le assidue frequentazioni
degli Usa, dove incontra
Mark
Rothko,
Barnett
Newman,
Robert Rauschenberg,
Andy Warhol, e dove
ottiene enorme successo già dalla prima personale di New York del 1965, che
segue di poco il premio della Biennale di San Paolo del 1963 e quello nazionale
di scultura della Biennale di Venezia del 1964.
L’instancabile attività di Pomodoro, attentamente seguita
dal compianto Giovanni Carandente, cui la mostra è dedicata, sarà poi
contrassegnata da numerosi altri premi internazionali.
Per la galleria 20ArtSpace, dunque, questa importante
esposizione non poteva costituire più efficace
incipit per segnare l’inizio del proprio
discorso sull’arte, in uno spazio di circa 400 mq a due passi dal Quirinale,
ben strutturato e articolato, e alla cui conformazione finale ha contribuito lo
stesso Pomodoro nella fase d’ideazione della mostra.
Vi sono esposte oltre venti grandi fusioni in metallo,
scelte direttamente dall’artista per descrivere lo sviluppo della propria
ricerca. La collezione inizia con
La colonna del viaggiatore del 1960, testimone delle
suggestioni evocate da
Brancusi,
Klee e
Dubuffet, e suggerite anche dalla formidabile erosione dei solidi
euclidei, come
Colonna (1962) e
Il cubo (1962-63).
L’azione di dissoluzione culmina con lo smembramento e la
scomposizione totale della materia nei grandi bronzi
Soglia, dedicato alla memoria dello
scultore basco
Edoardo Chillida, e
Colpo d’ala, un bagliore futurista in omaggio a
Boccioni.
Ma è forse nei progetti
delle opere più imponenti che si coglie maggiormente il senso d’appropriazione
profonda dello spazio, che si trasforma e si arricchisce in funzione della
scultura che ospita. Così è nel bozzetto per la
Porta dei Re del duomo di Cefalù, rimasto tuttora non
realizzato, e nel modello della colonna
Novecento, voluta dal Comune di Roma per il nuovo millennio
e collocata, nella sua reale altezza di 21 metri, all’Eur.
Esempi in cui scultura,
paesaggio urbano e architettura si integrano, costituendosi come cifra assoluta
della sua arte.