Due spirali attraversano parallele tutto lo spazio. Tra le macerie, si sfiorano, s’incrociano, si sovrappongono, ma non si toccano mai. Colmate di semplificati e articolati significati, le due spirali si muovono su tragitti diversi che conducono a mete diverse. Sembra il racconto del processo di ominazione, quello descritto da Bruno Ceccobelli (Todi, 1952). Un racconto creato chiamando a raccolta ciascun senso e ogni elemento, per un’intima esperienza. Racconto accompagnato anche da uno studiato effetto luministico, ottenuto dalla netta separazione tra la zona bianca in basso e grigia in alto delle pareti. Ma è una narrazione dominata dalla semplicità, dichiaratamente contro ogni sensazionalismo, caratteristica, invece, di alcuni lavori contemporanei, distinti dalla volontà di “maravigliare”.
Tutto ha inizio dall’acqua, l’elemento della Vita. Dall’acqua prende infatti avvio la spirale più sinuosa, costruita con l’armonioso susseguirsi delle quaranta orme, diversamente decorate e realizzate in ceramica tradizionale e raku. Dopo i primi passi nel liquido, le orme proseguono sulla terra: escono dal magma primordiale per iniziare un percorso di sviluppo, percorso a volte accidentato e disseminato di ostacoli. È questo il cammino dello Spirito. Quello Spirito che tocca livelli sublimi e cade poi nel tetro sconforto per risollevarsi e ricadere all’infinito. Movimento ondulatorio tradotto con le diverse altezze in cui sono poste le orme: ora su bassi e ora su alti piedistalli. Piedistalli precari e solidi allo stesso tempo, costruiti con pezzi prelevati dalle circostanti macerie. È un cammino accompagnato sempre dalla Vita e dalla Luce, ovvero da gocce di acqua e dal tremulo bagliore di un lumino di cera. Gocce che cadono dall’alto e s’infrangono ed evaporano sulle orme surriscaldate dal lumino che è sotto di loro (l’Uomo che brucia le tappe? la terra che brucia sotto i piedi?) e, con la loro caduta, creano un’elementare sinfonia.
Le orme sono tracce di passi ritmati che a volte sembrano avere una battuta d’arresto, una pausa di riflessione: è il momento in cui più si avvicinano all’altra spirale, quella più geometrica della passerella, dove cammina lo spettatore. Quest’ultima prende avvio quasi contemporaneamente con la prima: un leggero scarto pieno di significato. La passerella è la Storia, invenzione e convenzione dell’uomo, che nasce quando si è definitivamente innescato il processo di sviluppo culturale del genere umano. “Il mio è un guardare dell’agire dell’uomo”, spiega Ceccobelli, “di tutto quello che ha fatto e che si è lasciato dietro durante il suo cammino e di quello che continua a fare anche al pianeta. Ma senza critica né giudizio. Anzi con una buona dose di ottimismo”. E così, dopo che lo Spirito si incrocia con la Storia, continua il suo percorso, che tende ad innalzarsi sempre più e a racchiudersi maggiormente in se stesso, in un vortice. E siccome lo Spirito è Vita, ed è anche Arte, è di nuovo l’Arte che rappresenta la Verità, un viaggio atemporale, mentre la Storia continua dritta, verso l’uscita. Ma quante chiavi e livelli di lettura può avere un simbolo? E quante storie ed emozioni può raccontare? Ceccobelli vuole dare un senso positivo al suo racconto imponendo infatti, allo spettatore, un rigido tragitto, con prestabiliti inizio e fine. Significato che, con una lettura bustrofedica, viene radicalmente capovolto: se persistono atteggiamenti superficiali e miopi, anziché innalzarsi lo Spirito potrebbe implodere e l’Uomo ritornare al magma primordiale.
daniela trincia
mostra visitata il 12 aprile 2007
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