Nelle sale della galleria romana viene raccontata una storia di spionaggio tutta al femminile e l’autore è
Giuseppe Rado (Bologna, 1970). Artista eclettico, fotografo, video-maker, musicista ed esperto di informatica, Rado narra questo suo ultimo racconto con gli strumenti che gli sono propri. Grandi ritratti fotografici a colori, uno storyboard realizzato sempre su supporto fotografico in vario formato e una video-installazione, sintesi visiva e finale della storia.
Siamo nel 2097, nella giurisdizione di Zenko, dove due agenzie di spionaggio si contendono il potere. La spia buona, Haiku, ha il compito di difendere dalle spie cattive il patrimonio creativo del genere umano e proteggere lo Psyco-Wired, una iper-rete che regola ogni tipo di comunicazione fra i soggetti che popolano il pianeta. Non c’è happy end, almeno sembra: Haiku -che è anche il nome del primo server open source interamente creato nella Rete- muore per mano della spia cattiva, Razjahi. Però rinasce come “singolarità tecnologica”, l’intelligenza artificiale superiore a quella dell’uomo che l’ha creata e che, sconfitto, si autoelimina. Si apre a questo punto un nuovo scenario che l’artista non racconta, riservandolo forse per il suo prossimo lavoro.
La storia è fortemente influenzata anche dal punto di vista iconografico dai manga giapponesi, di cui Rado è un profondo conoscitore. Ed è proprio il fumetto, o il fotoromanzo, il mezzo espressivo con cui Rado racconta questa sua opera.
Le eroine della storia sono tutte fotografate frontalmente e hanno sguardi di sfida, provocatori: su fondo bianco le buone, su fondo scuro le cattive. Sono ritratti di donne-robot (in alcune foto si scorge uno sportellino che permette di accedere al loro meccanismo interno) realizzati sia in analogico che in digitale su stampe lambda. Ragazze dall’abbigliamento fetish, dai caratteri somatici orientali e dai grandi occhi, spalancati come bambole del pop surrealism.
La deformazione dei volti è una costante nei ritratti fotografici di Rado. Scrive Gianluca Marziani nel testo di presentazione della mostra: “
Le immagini fotografiche di grande formato sono il definitivo cortocircuito che delinea la chiave artistica (e non fumettistica) del progetto. Il volto assume centralità, lo sguardo delle ragazze plagia il nostro voyeurismo di spettatori informati”.
Un lavoro all’insegna della contaminazione, dove fotografia, fumetto, cinema, tecnologie informatiche e potenzialità della Rete si fondono con le nuove tendenze estetiche orientali e occidentali, dando vita a una produzione artistica che ha in sé riferimenti sia classici che pop, fino al limite del kitsch.