Ottantanove piccoli intrattenimenti di volti parigini frammentavano labbra, occhi e altre porzioni di viso su schermi a cristalli liquidi, raccontando sulle pareti della Galleria Moncada la casualità sensoriale degli uomini in un metrò francese. Era il 2002, ma già dieci anni prima
Donatella Landi (Roma, 1958) aveva lavorato sulla frammentazione “
dell’oggetto d’arte”, con ben duecento formelle in porcellana e animali foto-incisi al loro interno: era la gabbia ottica in cui
Master file (1991-93) sfilava ad angolo lungo la stessa galleria, lo scorso anno, per la collettiva
Tropismi.
Dopo uomini e animali, l’artista romana si concentra sullo studio della natura, da diversi anni tema di un’individuale sperimentazione espressiva; ed è con
Focus Naturae che approda alla sua quarta personale. Vista e udito si sviluppano insieme e poi singolarmente in tre opere differenti, per dare al fruitore la percezione ottico-uditiva di una flora segmentata e minimalizzata in quelli che sono i suoi più intimi particolari.
Il primo corpus di opere, da cui prende il titolo la mostra, si osserva in parti di illustrazioni a carattere scientifico-naturalistico tratte da un’enciclopedia tedesca, insieme a disegni e fotografie di piante elaborate dall’artista. Queste tre diverse descrizioni della natura sono poi riassemblate in un oblò a “mosaico”, per formare un’unica composizione – un “focus naturae”, appunto – che permette di apprendere la flora da punti di vista differenti: la scienza, il disegno soggettivo e la testimonianza oggettiva della riproduzione del dato visivo, ossia la fotografia.
Un foglio di carta bianco fa da sfondo alle singole circonferenze, dov’è ripetuto anche più volte il tema a cui appartengono. Non c’è foto né disegno, solo un collage stampato e geometricamente circoscritto in un quadro, rappresentante la natura. Dalla generica e totalizzante descrizione visiva di un bosco o di una radura, Landi estrapola un particolare microcosmo dettato dal caso, lo isola e ne fa un’opera a sé. Nonostante il suo lavoro sia da considerarsi una serie, non c’è alcuna connessione fra un oblò e l’altro: ogni rappresentazione è indipendente, pur la particolarità facendo parte del tutto.
Dopo aver giocato a isolare le figure, concentrando lo sguardo del fruitore sulla singolarità nella totalizzazione dell’opera, Landi interroga il suo udito. Di fronte alle stampe, una cuffia posata su una sedia e
17 minuti e 45 secondi di passeggiata verso il fiume bisbigliano fruscii naturali, abbandonandosi all’immaginazione del visitatore. L’originale istallazione audio è solo il preludio del compendio fotografico che, al centro, mostra
Breath Normally, una foto acustica su tela in cui una radura in bianco e nero racconta il proprio respiro attraverso un’accurata e particolareggiata registrazione “dal vivo”.
Dunque, come il microcosmo viene segmentato per esser affrontato singolarmente, così anche lo spettatore è indirizzato nel seguire un determinato percorso sensoriale, che lo porta a conoscere il mondo naturale di Landi: “
Per analogia, all’interno di ‘Focus Naturae’ trovano spazio diversi modi di vedere la Natura”, scrive Gabriele Gaspari; “
per analogia il centro, il termine ultimo di riferimento è l’uomo, il suo stare nel mondo, la sua volontà di rappresentazione e conoscenza articolata secondo vari gradi”. Intanto la natura continua a parlare.