Un saggio di Natalie Heinich descrive il gioco continuo della trasgressione nell’arte contemporanea fra artisti, pubblico e, in ultimo, specialisti, cioè i produttori di un discorso che mira a integrare la trasgressione stessa. Un discorso che l’autrice definisce come “
potere della glossa”. Molti artisti utilizzano le strategie traumatizzanti di un fare artistico che invoca a gran voce le reazioni di scandalo del pubblico, mentre attendono lodi da parte della critica. Heinich conclude come ciò finisca per ampliare il divario fra pubblico e specialisti, checché ne dica l’equazione arte=quotidiano.
Gianni Politi (Roma, 1986; vive a Roma e Milano) è un giovane artista la cui produzione, oltre ciò che rappresenta, colpisce per la sottigliezza di senso. ‘Sottile’ in quanto non urlato, ma il messaggio va comunque dritto al bersaglio. I suoi
tool figurano su carta intelata o da spolvero, sulla quale Politi agisce perlopiù con la grafite. La rappresentazione iconica dello strumento, utensile o arma, è messa in movimento dalla verticalità delle linee, che trasformano la tela quasi in un bozzetto preparatorio.
Alla presunzione del dettaglio, di un realismo pop illusorio, Politi preferisce l’evanescenza di una figura che emerge dall’ombra: ne sono disegnati i bordi, come dopo averla fatta aderire alla tela. Il trauma funziona a livello di forma: la rappresentazione è indifferente al suo soggetto
(disegna una
Spatola come una Granata, 2008); e a livello di contenuto: sorprende la pacifica visione che si ha nel vedere un mitra, o una simil-arma, oggetto che si considererebbe così distante dal quotidiano.
Politi mette in scena icone che ben conosciamo, sebbene – ci si augura – non in modo diretto, divorando giornalmente imponenti quantità mediatiche d’immagini di armamentari, di atmosfere belliche, sia nell’intrattenimento che, cosa ben peggiore, nell’informazione.
La galleria contribuisce con una coerente atmosfera: in maniera analoga a un accampamento, le casse di legno e i laterizi a sostegno del tavolo non rompono l’equilibrio della scena. Dall’ingresso, dove sono presentate le tele trattate con la grafite alternate alla fusaggine – nonostante diventi parte dell’opera anche un adesivo colorato o un timbro – i colori preminenti sono nella tonalità della fuliggine, della polvere da sparo.
Le due installazioni sono la nota “perversa” di colore presente in galleria. Entrambe a metà del cammino,
Chocolaterie Lourde e
Child Trap (entrambe del 2009) sono la rappresentazione della demistificazione di un’
imagerie ambigua: missili di cioccolata si schiantano sul pavimento rompendosi in mille cocci, mentre una bomba semiaperta lascia intravedere il suo contenuto prelibato, con i lecca-lecca sparsi sotto di essa e tutt’intorno. Nessuno vieta che se ne possa gustare uno.
Tornando a Heinich: la glossa ha un suo potere, ma appare quasi indubbio che l’opera di Politi semplicemente funzioni e non richieda grandi spettacolarità. Al pari del suo slogan, colpisce dolcemente e letalmente. Come le sue armi.