30 marzo 2009

fino al 30.IV.2009 Julian Opie Roma, Valentina Bonomo

 
La galleria dei ritratti si anima. Il movimento sinuoso del passo, palpebre che si aprono e si chiudono, perle e diamanti che restituiscono luminosità. La lezione pop si nutre di suggestioni giapponesi e delle pennellate dei grandi maestri, da Raffaello a Lely...

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Trionfa la costruzione dell’immaginario nella visione artistica di Julian Opie (Londra, 1958). “Cerco un modo per creare una realtà legata ai segni e a ciò che va oltre i segni stessi”, afferma l’artista in occasione dell’incontro con il pubblico romano alla Fondazione Guastalla, due giorni prima dell’inaugurazione della personale alla Galleria Bonomo.
Alla base c’è un concetto di arte popolare che deve raggiungere tutti, anche la “gente normale”. Motivo per cui Opie parte da un vasto repertorio di materiali e linguaggi che riassembla: dalle immagini pubblicitarie alle tele di grandi maestri come Raffaello, Tiziano, Thomas Gainsborough e Peter Lely (e molti altri pittori, soprattutto del XVII-XVIII secolo, di cui peraltro è collezionista); poi ci sono i manga (che non ama particolarmente), Walt Disney, Andy Warhol, Kitagawa Utamaro e Utagawa Hiroshige e, soprattutto, Roy Lichtenstein.
Nel processo di riduzione iconica che opera l’artista inglese è fondamentale proprio il riferimento alla moderna visione di Hiroshige – pittore e incisore giapponese di cui è stato curatore, in Gran Bretagna, della mostra The moon reflected -, che nel XIX secolo sintetizzava sapientemente figura e natura, creando un’idea di movimento suggerito da una doppia visione. Julian Opie - Ruth walking in ball gown - 2008 - cm 125,5x75x12,5 - ed. di 4 - courtesy Valentina Bonomo, RomaAnalogamente, nelle sue opere Opie introduce l’idea vagamente ipnotica di un apparire e scomparire: l’aprirsi e chiudersi delle palpebre, lo sfavillio di un diamante, le lancette di un orologio da polso, il moto di frammenti naturali (foglie, insetti, nuvole, acqua).
Il passo di Ruth avvolta ora in un abito da sera, ora da indumenti casual su uno sfondo che è ciano, magenta o arancio; la sensualità dei movimenti di Shahnoza, lap dancer, o quelli di Caterina, ballerina alla Royal Opera House di Londra; Bryan Adams che abbraccia la chitarra.
Utilizzando il supporto tecnologico del computer e ricorrendo a led e schermi a cristalli liquidi, ma anche interpretando la giocosa visione simultanea della vecchia stampa lenticolare, Opie ottiene opere sofisticate, che sconfinano tra pittura e scultura, percezione e immaginazione.
Negli ultimi cinque anni, in particolare, il suo lavoro ha esplorato le possibilità della ritrattistica, come documenta la personale romana. La regola è sempre ridurre, sintetizzare. Le modalità possono essere diverse. Nei ritratti in cui il movimento è più esplicito, le sagome sono contenute in una linea nera e private della mappatura fisionomica. Altri, invece, giocano sull’apparente contrasto fra contesto essenziale e dettaglio descritto minuziosamente: drappi serici, pizzi, orecchini di perle che oscillano, come nei ritratti di Maria Teresa, Guilherme, Lorenzo e gli Ortega (famiglia brasiliana che l’artista definisce “molto glamour”).
Insomma, quadri in movimento. Poiché “la staticità è morte”, afferma Opie, mentre “il mondo si muove”.

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dal 19 marzo al 30 aprile 2009
Julian Opie
Galleria Valentina Bonomo
Via del Portico d’Ottavia, 13 (zona largo Argentina) – 00186 Roma
Orario: da martedì a sabato ore 11-13 e 15-19 o su appuntamento
Ingresso libero
Info: tel. +39 066832766; info@galleriabonomo.com; www.galleriabonomo.com

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