Originale allestimento,
quello proposto dalla Galleria Z2O con la doppia personale di Mauro Di
Silvestre e Peter Ravn, artisti solo all’apparenza inconciliabili, ma in realtà
in grado di dare vita a un confronto inedito e stimolante.
Al centro della ricerca è la figura umana, indagata
attraverso linguaggi artistici agli antipodi. Differenti sono infatti le strade
percorse dai due artisti: se da un lato Di Silvestre parte dal suo vissuto
personale per giungere a una rappresentazione collettiva dell’emotività,
dall’altro Ravn procede all’inverso, delineando un uomo privo di identità
apparente, allucinato e straniato dal mondo in cui si trova.
Le opere “stratificate” di
Mauro Di Silvestre (Roma, 1968) – tutte realizzate a
tecnica mista su carta – mostrano l’invadenza di ciò che, nel corso degli anni,
ha costituito il privato dell’artista.
Le carte da parati anni ’70, i biglietti
di treni, aerei, cinema, musei, i vecchi merletti, i fogli scritti con appunti,
le pagelle scolastiche, i disegni di se stesso e della sua famiglia, tutto viene
mescolato, sovrapposto, elaborato fino a creare opere composite,
dichiaratamente autobiografiche.
Di Silvestre esorcizza in questo modo il trascorrere del
tempo (si veda l’opera
Buon compleanno, in cui tra le decorazioni si intravede il viso
dell’artista bambino), celebrando il ricordo come qualcosa di impossibile da
scalfire se immortalato nel quadro e dunque, proprio per questo, molto vicino
all’immortalità.
Di contro,
Peter Ravn (Copenhagen, 1955) presenta opere dipinte a olio,
lucide, pulite, scavate fino a togliere ogni inutile orpello, nelle quali non
esiste altro spazio al di fuori di quello occupato dalle figure rappresentate.
Figure che sembrano anestetizzate tanto sono impersonali, private di qualsiasi
caratterizzazione, in preda a chissà quali nevrosi moderne (come nella tela
Part
of me has already left, in cui il corpo rappresentato “manca” di alcune parti, come se fossero
state cancellate).
Eppure questi suoi “protagonisti” sono un concentrato che
racchiude in sé tutto: nelle loro vesti dipinte a pennellate larghe, nei
dettagli delle scarpe e dei calzini, nei visi emaciati e stanchi è
rappresentata l’ansia di vivere dell’uomo di oggi.
Sebbene paradossale, un punto di incontro tra i due mondi
espressivi c’è: Di Silvestre e Ravn parlano entrambi dell’essere umano, anche
se utilizzando parole diverse. L’obiettivo è infatti quello di portare in
superficie tematiche centrali per la pittura del XXI secolo, ossia il dolore,
la solitudine dell’uomo, che appare sempre più in contrasto con la società.