Da anonimo magazzino, un tempo avvezzo al va e vieni dei carri che dal vicino mercato di Campo de’ Fiori vi giungevano a caricare e scaricare le loro merci, a centro culturale eclettico e polifunzionale il passo non è stato breve. La nuova struttura, elegante e ben curata, sorta su un’area di 400 mq, ha appena tre mesi di vita. Ci tratteniamo nella sala centrale – quella che più ci interessa – destinata alle esposizioni temporanee dedicate al mondo del design e delle arti applicate. Questa in corso, ci dicono, è la seconda mostra dopo quella inaugurale. Ad attenderci, una selezione di vasi – una ventina, o poco più, in tutto – realizzati in un arco di tempo che va dai primi del novecento fino ai nostri giorni e che, grazie alla collaborazione delle fioriste Valeria Pesciarelli e Francesca Ricci, si presentano, ai nostri occhi compiaciuti, gradevolmente adorni di garbate composizioni floreali. Viene riproposto in varie fogge, sotto l’egida attualizzante del design, un oggetto archetipale modellato – verrebbe da dire – nelle plaghe senza tempo del mito, come alluso dal titolo della mostra. Per inciso aggiungiamo per celia che la “sindrome di pandora” è locuzione impiegata da taluni medici per designare la dolorosa infiammazione vescicale. La vescica anatomica non presenta forse un’approssimativa morfologia vascolare? Ciò che è in basso è come ciò che è in alto e ciò che è in alto è come ciò che è in basso, recita la seconda tesi della Tabula Smaragdina, il testo sapienziale caro agli ermetisti di ogni tempo e latitudine.
Christopher Dresser (1834-1904), cache-pot in stile liberty egizio in ceramica smaltata, prod. S.C.I. Laveno (primi del ‘900). Photo Claudia Caprotti
Sostiamo attratti di fronte ad una terracotta amaranto dello scozzese Christopher Dresser – attivo in epoca vittoriana – pioniere dell’industrial design ed esponente di spicco del movimento Arts and Crafts: un brillante portavasi liberty declinato in stile egizio secondo la moda dell’epoca. Sbirciamo perplessi il fallo in ceramica bianca intenzionalmente kitsch dell’architetto Ettore Sottsass, designer dell’Olivetti e fondatore a Milano, nei primi anni ’80, del collettivo postmodernista Memphis. Di ispirazione vagamente egizia anche il totem in marmo nero dall’algido nitore pitagorico ideato dalla giovane designer campana Sara Ricciardi. Prima di ritornare sui nostri passi e di perderci per i familiari vicoli della vecchia Roma diamo velocemente un’occhiata alla curiosa installazione di Edoardo Dionea Cicconi, artista visivo oltre che musicista: si tratta di una teca, anch’essa dall’aspetto totemico, entro cui si agitano fluttuanti spoglie di farfalle variopinte, una personalissima fantasiosa rivisitazione del mitico vaso di Pandora. Non possiamo concludere la nostra visita senza menzionare ancora una volta le ideazioni floreali realizzate dalle due fioriste che hanno indubbiamente arricchito e reso più godibile il percorso espositivo.
Luigi Capano
Mostra visitata il 24 febbraio
Dal 10 febbraio al 30 aprile 2018
La sindrome di Pandora
DAFORMA Gallery
Via dei Cappellari 38, Roma
Info: tel. 3480928729, email: daforma.roma@gmail.com