Il percorso intrapreso a maggio dell’anno scorso giunge alla sua conclusione. Una linea guida che nasceva con la proposta a diversi artisti di confrontarsi con un testo -risultato della particolare visione dell’arte contemporanea del curatore Mauro Panzera- centrato sulla forma nell’espressione dell’arte visiva, “
che sottolinea la sua natura processuale, quindi non tanto il dare forma ma il formare”.
Per chiudere il ciclo (cinque mostre in totale, suddivise in due rassegne) che ha popolato lo spazio di Maria Grazia del Prete fin dal suo esordio, viene presentato il lavoro di
Paolo Piscitelli (Venaria, Torino, 1971; vive a College Station), quasi in contemporanea con la sua mostra a Torino. L’artista piemontese, attualmente residente negli Stati Uniti grazie a una borsa di studio, occupa praticamente tutto lo spazio disponibile attraverso la dilatazione e la propagazione del vuoto, con forme e volumi affusolati che si espandono senza confini possibili.
Il lavoro più rilevante,
Meridiano, scaturisce dall’imponente luce avvertita in Texas, che nella sua dismisura riesce quasi a sopprimere qualsiasi traccia di profondità nello spazio, in modo che gli unici resti di ombra percepibili siano proiettati dagli elementi verticali, recuperando così la terza dimensione. Un possente ma allo stesso tempo diafano scheletro modulare in acciaio, formato da nove elementi che si dividono in due dimensioni diverse. I componenti verticali rimangono immobili, imperterriti, in attesa delle prime luci dell’alba in grado di consacrarli al proprio destino, mentre quelli orizzontali sussultano scombussolati, come spinti da un vento che stenta a conferirgli un compito preciso, e si agitano senza comprendere verso dove debbano spingersi.
Mentre in
Second intention, with the eyes of the body #4 le linee tremano, vibrano immerse nel terremoto della coscienza dell’artista. Scarabocchi sensoriali di realtà che s’intrecciano e ondeggiano, provocando brividi nell’epidermide. La stessa scossa si percepisce nel video
Labor #3, in cui la mano di Piscitelli lavora regolarmente, senza fretta, sentendo ogni sfumatura della sua pelle a contatto diretto con la materia, percependo ogni piccola trasformazione, accarezzando o cancellando strato dopo strato la superficie.
Al termine della mostra, la scultura di piccole dimensioni
Contained Energy, realizzata manipolando sette tipi di creta differenti, “
si può sfogliare come un libro, leggendo le tracce dell’energia impiegata”, come segnala lo stesso Piscitelli.
Un artista estremamente raffinato che, con un approccio concettualmente organico, dilaga in una processualità temporale, scavando nei segni residuali abbandonati lungo la realizzazione delle sue opere, per intuire o almeno percepire il mondo fenomenico in ogni sua parte: nascita e morte ma, soprattutto, il processo di sviluppo e crescita, mutabile e soggetto a qualunque alterazione o manipolazione, del formare che si inserisce nell’intervallo vitale.