Nella costruzione letteraria la rottura della quiete genera la poetica della relatività, poiché un fatto sconvolgente genera caos e costruisce un fenomeno altrettanto caotico di interpretazioni. Ciò che è inatteso e che scompone l’equilibrio e le credenze quotidiane destabilizza e ribalta le prospettive, generando la spinta per superare un limite o la capacità di guardare oltre. Se il preambolo può sembrare generico, cerchiamo di chiarirlo attraverso il lavoro di Pamela Diamante, presente a Roma con la mostra personale dal titolo “De sti no” curata da Michela Casavola presso la Galleria Rossmut fino a settembre. A condurre il filo narrativo-visivo dell’esposizione è senz’altro l’osservazione dei fenomeni da cui l’artista parte per precipitare nel campo della scienza e del suo riverbero nella quotidianità in rapporto alla comunicazione di massa. Scienza e comunicazione sono certamente due ambiti che polarizzano la ricerca artistica verso una riflessione che analizza nella fattispecie le loro interrelazioni e il metodo con cui degli aspetti di carattere universale vengono registrati e riportati nel sistema di comunicazione, fino a disperdere le reciproche connessioni.
Due opere in particolare introducono il visitatore verso una nuova visione: una installata nella porta vetrata della galleria e l’altra posta nella parete di fondo. Ambedue Senza titolo, richiamano attraverso processi diversi la possibilità di guardare oltre e di concedere alla visione il superamento di limiti preordinati. Quella all’ingresso è il risultato dell’esecuzione di uno sparo d’arma nel punto alto del vetro della galleria, l’altra è il grande cerchio nero recante la scritta tono su tono “Il buco nero non è realmente nero”. Se il buco del proiettile è il segno evidente di qualcosa di irreversibile che è accaduto e suona alla vista come una ferita o una rottura che attende di essere ricomposta, l’installazione a parete richiama la scoperta del fisico Stephen Hawking che, nel 1974, in merito alla termodinamica dei buchi neri sosteneva l’impossibilità di definirli letteralmente tali.
Da queste opere si scivola in uno stato di crisi e di analisi delle relazioni uomo-natura sotto l’egida della parola “destino” che da’ il titolo alla mostra per ricordare che tutto ciò che accade è una continua corrispondenza tra l’azione dell’uomo e quella della natura. L’opera 2015 è lo specchio di questo aspetto: su uno schermo asettico scorrono le altrettanto asettiche scritte che elencano le catastrofi registrate nel 2015 in tutto il pianeta, reperite dall’artista tramite l’archivio online CRED. Attentati terroristici, maremoti e terremoti, sono riportati minuziosamente nell’ora e nel giorno in cui sono accaduti. La spersonalizzazione di fatti sconvolgenti che riguardano l’umanità è il risultato di una memoria più vicina a quella di un hard disk che a quella umana del cervello. Perciò Diamante, utilizzando un linguaggio simile all’archivio digitale vuole, per contrasto, avvicinare il pubblico alla ricerca dell’immagine, elemento mancante del sistema di archiviazione. Lo stesso approccio “documentativo” lo ritroviamo nelle opere Nel vuoto non c’è propagazione di suono ma silenzio assoluto e da Atlantide a Kiribati dove ci si avvicina all’immagine rappresentata prima con un grafico delle onde di uno Tsunami e poi simulando un TG che annuncia lo sprofondamento di Kiribiti, catastrofe prevista dagli scienziati come conseguenza naturale del piccolo arcipelago dell’Oceania. L’oscillazione tra il senso di sgomento derivante da un evento catastrofico e l’atteggiamento di analisi dello stesso che muove l’artista soprattutto nei lavori installativi video, si conclude in maniera sintetica nell’opera Agatha e il Sinkhole il cui montaggio video accosta immagini del disastroso Sinkhole (buco di lavandino) che ha colpito Guatemala City nel 2010 risucchiando diversi edifici all’interno di una voragine di circa 100 metri di profondità e video tutorial da estetista fai da te estrapolati da Youtube. L’ironia innescata trapela anche dalla scelta del suono nella canzone dal titolo “Agatha” che richiama i nomi femminili dati a molti fenomeni catastrofici. Il giro delirante di immagini del video contrappone all’incalzante successione dei disastri ambientali la quiete di una pedicure domestica, denunciando l’ambiguità di un sistema di comunicazione indistinto.
Dai lavori in mostra emerge un punto di vista dall’alto sulle dinamiche del mondo, come se l’artista avesse tradotto in termini di visione la sua lunga esperienza nel reparto dei paracadutisti dell’esercito italiano, per immergersi con la sua ricerca nella complessità del mondo fenomenico, almeno in termini di significato. Questa posizione emerge nel dittico Senza titolo in cui l’artista mostra un duplice autoritratto dal sapore militare con il volto cosparso di basalto. Giocando con l’espressione l’opera oscilla, non senza ambiguità ed ironia, tra la sfera maschile e quella femminile e proietta il visitatore in uno stato di incertezza. Inoltre il basalto non è solo presente sulla Terra, ma anche sulla Luna o su Marte ad esempio, richiamando il rapporto-uomo-cosmo che caratterizza le opere di Diamante come tentativo di misurazione delle relazioni e delle azioni che ne derivano, per ripensare la parola destino.
Giuliana Benassi
mostra visitata il 15 giugno
Dal 9 giugno al 30 settembre 2016
Pamela Diamante – De sti no
ROSSMUT
Via Dei Reti 29b, Roma
Orario: da martedì a sabato dalle 16:00 alle 20:00
Info: +39 065803788 , www.rossmut.com