La mostra di Sergio Sarra (Pescara, 1961) è un work in progress del progetto itinerante Fuoriuso 06, iniziato a Pescara il 16 dicembre 2006 e sviluppato nelle città di Budapest (4 maggio 2007) e Bucarest (25 giugno 2007). L’intervento fa tornare indietro nel tempo, agli anni delle installazioni-ambienti, vere e proprie realtà micro-artificiali in cui l’interazione giocava a “sedurre” la percezione, in una circostanza lusinghiera e illusoria. In questo caso (come per Rui Chafes nella recente mostra da Volume!) l’utente si ritrova a percorrere un ambiente il cui elemento più che presente è questa esigenza illustrativa, corrente, partecipe e costruita dell’architettura. Iper-costruttività. La stasi. Il legno.
Tre architetture-librerie, nei tre splendidi ambienti della galleria di Cesare Manzo, a forma di “L” “S” e “D”, rivelano scaffali di rimando surreale che portano in seno elementi scultorei astratti di vaga sembianza boccioniana e deliziosi acrilici su legno assolutamente opposti all’azione statico-corporea della libreria-labirinto. Un segno, il suo, svuotato, privo di corposità, che afferma la presenza tramite la negazione di quello precedente, di cui rimane una vaga memoria. Tavolette quadrate, il cui strato epidermico risiede su quello inferiore, illusoriamente cancellato da un leggero bianco posto in maniera essenziale, a creare sensazioni tattili superficiali, leggere, vacue. Simboli o forme, zoomorfe, vegetali e qualche elemento che torna, come il labirinto, molto vicino a forme pseudo-architettoniche. Interessante il gioco di presenza-assenza che vede contrapporsi il fardello della libreria, il delirio delle tavolette e le piccole sculture che fanno da mediazione tra i due opposti.
L’utente si ritrova a muoversi all’interno di una filosofia della “sparizione” i cui elementi fanno parte di un immaginario che è stato, ma che rivive nel contemporaneo (cronologico) tramite il ricordo che l’immagine di se rievoca. Come se, spiega l’artista nell’intervista in catalogo con Nicolas Bourriaud, “ci si desse appuntamento alla Bastille o al Circo Massimo, cioè in luoghi che non esistono più”.
Un lavoro, questo di Sarra, nel complesso rispettabile per la pertinenza e il rimando al concetto di “modificazione della percezione” che propone il progetto in sé, ma che fatica a convincere per questa irraggiunta conciliazione tra l’elemento “vendibile” degli acrilici su legno e l’obsoleta icona della libreria-ambiente.
alessandro facente
mostra visitata il 24 maggio 2007
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