Aveva lasciato la capitale abbandonando una cella nel
Complesso Monumentale di San Michele a Ripa per tornare qualche mese più tardi
con un labirintico tunnel cieco nello stabile della Fondazione Volume! Gregor
Schneider
(Rheydet, 1969) porta avanti il tema della morte stravolgendo ambienti per dar
vita a situazioni architettoniche surreali, in cui la presenza celata dell’uomo
gioca con la presenza fisica del fruitore, facendo leva sulle sue sensibilità
intime nonché claustrofobiche.
Le strutture di cartongesso erette dieci giorni prima dell’inaugurazione
ridisegnano lo spazio della fondazione disconoscendolo ai più, per lasciare il
posto a un atrio sgombro di superficie ma fisicamente esauriente: un ricordo
del lavoro Hight Security and isolation (No. 14) presentato al Macro nel 2008 si
palesa all’ingresso, mostrando un piano d’appoggio dalla superficie morbida ma
poco accogliente. Il tomo rettangolare di spugna, tessuto e legno infatti non
ha alcuna intenzione di ospitare le sedute del suo pubblico, che è subito
guidato ad abbassare la testa e camminare carponi.
Un breve tragitto nel primo tunnel bianco conduce all’interno
di una seconda stanza, in cui il disorientamento iniziale trova un barlume di
compostezza dalla visione del Cryo-Tank Phoenix: se l’arduo scopritore credeva di
essersi perso, ora sa per certo che l’artista tedesco vuole continuare a
giocare con lui. Il suo tragitto diviene dunque il postulato di un percorso
verso la conservazione del corpo alla morte e la protuberanza in gesso bianca
che arreda la stanza vicino al Cryo-Tank non può far altro che condurre al
ricordo della nascita.
Ecco che un cubo nero indica dove proseguire il percorso.
Il perimetro della sua apertura è lo stesso che il fruitore ha appena lasciato
alle spalle: novanta centimetri per novanta sembrano stringersi e
rimpicciolirsi sfruttando l’oscurità del suo interno. Nessun raggio di luce
guida il cammino di chi non si arrende, finché un esserino disgustoso illumina
quella che sembra la fine del tragitto. Una teca minuta rivela il contenuto di
una mummia dei primi anni del XX secolo, ma di quel corpicino a stento si
riconoscono gli arti inferiori. Un grugnito stretto in un pugno nasconde il
volto che, come il resto del corpo, sembra fluttuare sospeso.
E mentre si è intenti a capire quanto effettivamente è
possibile resistere a questa visone, ci si rende conto che di aver perso la
percezione del proprio corpo. La fuga verso l’ignoto termina qualche diametro
più giù e, dopo una curva, il vicolo cieco chiude ogni ricerca. Si torna
indietro, si ripassa di fianco alla mummia e si esce fuori alla luce.
Un’altra finestra nera in alto correda la stanza, e se
prima poteva essere sfuggita, ora è talmente palese che si potrebbe provare ad
aprirla per scovare un passaggio anche lì. Nella claustrofobica attesa di una
conversazione muta, Schneider racconta dell’uomo e del suo stadio di passaggio
dall’essere al non essere per sostare, completando di volta in volta quel
percorso artistico che lo porta alla creazione della morte, giocando con la
paradossalità di tenerla in vita.
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personale al Macro
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collettiva a Napoli
flavia montecchi
mostra visitata il 27 maggio 2010
dal 28 aprile al 30 giugno 2010
Gregor Schneider – Toter Raum. Rom 2010
a cura di Danilo Eccher e Claudia Gioia
Fondazione Volume!
Via San Francesco di Sales, 86-88 (zona Trastevere) – 00165 Roma
Orario: da martedì a venerdì ore 17-19.30
Ingresso libero
Info: tel./fax +39 066892431; press@fondazionevolume.com;
www.fondazionevolume.com
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