Nellâepoca del virtuale, dove le parole, i pensieri, i sentimenti e le paure viaggiano velocissimi nella rete, vergati dai tasti di un pc nelle abusate e-mail, forte è la fascinazione di una lettera. Poco importa se scritta con unâaggraziata calligrafia o âa zampa di gallinaâ; lâattenzione si concentra sul suo prezioso contenuto, sul caloroso messaggio mandato da un amico lontano. Quellâamico che, con la sua missiva, annulla le barriere del tempo e dello spazio e, di colpo e per magia, ci sembra seduto al nostro fianco, la cui voce prende vita dalle parole scritte.
Ă questo il racconto di
Andrea Nicodemo (Termoli, 1976; vive a Roma), il racconto del percorso di una lettera e del lento rituale di preparazione: un ripiano, un foglio di carta, una penna, una busta. E la flemmatica composizione, fatta di pause, riflessioni, pensieri che si rincorrono e si accavallano, scritti di getto o con regolare fluiditĂ . Il racconto del desiderio di ritagli di tempo, di piccole soste, quando tutto, intorno, corre. Ă cosĂŹ che gli ultimi lavori di Nicodemo sono, al tempo stesso, una testimonianza e una denuncia del bisogno di intervalli dal vortice degli stimoli circostanti, la cui varietĂ sembra voler sottolineare anche con lâutilizzo di tecniche diverse.
Lei, la busta, la pregiata protagonista, solennemente è posta al centro dello spazio. Su un piedistallo, custodita da una protettiva teca. Fanno da sfondo verdi pannelli che traducono la geometrica prospettiva della teca nellâambiente della galleria, come a indicare il suo viaggio nello spazio. Fulcro da cui sâirradia e da cui prende avvio la narrazione, srotolata negli otto quadri, dove câè sempre lei, la marroncina busta. Ed eccola, tra regolari bande di colori densi e cupi, stesi nel retro di un rotolo di carta da parati, che inizia il suo peregrinare. Passa dalle mani dellâamico lontano per arrivare al destinatario. E lâamico lontano, rappresentato in una sorta di dittico, con un bianco ed esteso passe-partout, attraverso un collage, misto di pittura e disegno a matita.
â
Il passe-partout bianco indica il pensiero: è ridottoâ spiega Nicodemo
âquando domina lâazione, lâagire (è il momento della decisione dellâamico lontano di scrivere); è esteso quando domina la riflessione (è il momento della pausa, della stesura della missiva)â.
La lettera giunge finalmente al destinatario: un pannello in cui câè la foto in bianco e nero di colui che lâha ricevuta ed è intento a leggerla (di nuovo il tempo, la pausa). E il destinatario è rappresentato, come in una raffigurazione cubista, contemporaneamente frontale e di spalle, scomposto e ricomposto in un collage, con in mano la lettera, la cui scrittura non è però intelligibile. La lettera è arrivata, ma è ormai solo unâidea: la sagoma della busta è impressa in una lastra di plastica trasparente e la lettera è arrotolata e legata da un solido spago, perchĂŠ il messaggio è segreto, diretto a un unico destinatario. E la busta, alla fine del viaggio, si trova forse strappata, divisa a metĂ tra geometriche linee.
Una lettera a cui è consegnata, confidata una riflessione inespressa. Come se i pensieri preziosi non trovassero le adeguate parole o come se, addirittura, le parole fossero per pochi e individuati intimi, e non casuali come i messaggi in una bottiglia.