Il “blu reale” su sfondo nero di
Matteo Montani (Roma, 1972) lascia la sua velata traccia anche a distanza di anni. Ne sono passati quasi due dall’esposizione che l’artista fece all’Attico di Sargentini. Allora, la costante del colore blu sulla tela abrasiva nera risultava come un marchio di fabbrica; ora, alla galleria di Valentina Bonomo, Montani si trova alle prese con un bianco accecante, un bianco che l’artista riesce a gestire con profonda maestria e fermezza. Il filo rosso che rende le due mostre tappe di un unico cammino si srotola attraverso la stessa energia vibrante.
Montani continua a giocare con linee spezzate e irregolari, con un segno ritmato da un suono acuto e penetrante, con un colore a olio che sembra farsi strada vigorosamente tra la ruvidezza della tela abrasiva. La base tecnica ci dev’essere, è normale che ci sia, ma la vera bravura di Matteo Montani sta nel fatto di aver osato anche con una tecnica così tradizionale come la pittura. Il suo non rappresenta un adeguarsi, rappresenta piuttosto la trasformazione sperimentale di qualcosa di consueto, lasciando il giusto spazio al naturale fluire delle cose. “
L’importante, come scrisse Rothko, è avere fede nella propria capacità di compiere miracoli”, tiene a precisare l’artista.
Il lasciarsi trasportare dalla propria voce interiore, dalla spinta in avanti che la voglia di creare provoca, risulta la sua più grande messa in gioco. Questo suo personale stato lo traspone in una pittura certamente non convenzionale, una pittura che segue i suoi picchi alti e le sue voragini basse, come la rappresentazione video dei battiti singhiozzanti di un cuore in accelerazione.
Montani lascia spazio all’immaginazione con continui rimandi a scenari cangianti. Nella mente di chi osserva prendono le sembianze di distese apocalittiche, di rovine di una città fantasma, di potenti uragani visti dall’alto, ma contemporaneamente prende forma anche la calma battigia di una spiaggia che si dipinge delle linee delicate dell’onda che già si ritira.
Il bacio, incipit artistico dell’intera mostra, risulta brillare di una luce tutta sua. Discostandosi dalle altre opere, si rende concreto emblema della maturazione artistica di Montani. Segni, prima tortuosi e frastagliati, in questo lavoro a olio su carta abrasiva, si uniscono per creare un volume di linee armoniche e avvolgenti, demarcante le conturbanti sagome di due persone un attimo prima di baciarsi. Per questo delicato incontro, l’artista romano quieta la consueta foga di tratti per adagiarsi in due calme pozze di materia bianca, che si fondono in un sensuale incontro di labbra.