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17
novembre 2009
fino al 30.XI.2009 Gian Maria Tosatti Genazzano (rm), Ciac
roma
Dopo Devozioni è il turno del ciclo d’installazioni ambientali Nuovi Intenti. E Gian Maria Tosatti passa a una ricerca più intima. Che intreccia i propri ricordi con quelli dello spazio...
Prima di parlare de Le considerazioni sugli intenti della mia prima comunione restano lettera morta il nuovo ciclo di Gian Maria
Tosatti (Roma,
1980), meritano un rapido cenno quello antecedente e le sue peculiarità.
Tosatti (Roma,
1980), meritano un rapido cenno quello antecedente e le sue peculiarità.
Devozioni (2005) era una serie d’installazioni squisitamente ambientali,
che indagavano una sfera molto più ampia, quella, appunto, “devozionale”,
spirituale. Un campo esplorato attraverso il Vangelo, “il testo archetipo della
cultura occidentale moderna, da cui parte anche la relativa definizione
dell’uomo”, spiega Tosatti.
Le considerazioni sugli intenti della mia prima comunione restano lettera morta nasce perciò dalla naturale evoluzione di Devozioni e approfondisce una sfera molto
più ristretta, quella intima dell’artista. “Penso di aver capito meglio
cos’è l’uomo. E io chi sono, dunque? Tracciato il perimetro dell’uomo,
tracciamo ora l’area di chi sono io”. È la fondamentale premessa che ha spinto Tosatti in
questo nuovo ambito. Uno spostamento materialmente esplicitato con l’inserimento
di alcuni oggetti, utilizzati per dar “voce” all’ambiente.
Quello di Genazzano era un piccolo spazio nascosto,
dimenticato, che però ha subito “parlato” all’artista. Come in un flash, quell’antro ha
rivelato a Tosatti segrete corrispondenze. A sottolineare la dimensione di
ricordo, quindi di qualcosa di nascosto, ha inserito un’edera che si avvinghia
alla grata del cancello. Solo toccandola ci si accorge dell’artificio, perché
in realtà è realizzata in legno.
Sbirciando tra le foglie, fra le ombre della memoria,
anche al visitatore lo spazio racconta la propria storia, e diversi sono gli
inganni in cui si cade. Per esempio, sentire il profumo “corrotto” del muschio
che ricopre, come una patina, gli oggetti sistemati nella piccola stanza. Come
in una dimensione onirica, dove il paradosso diventa normalità e la memoria
distorce il ricordo, i letti fluttuano sulle pareti. E sembra di trovarsi,
così, di fronte a una stanza di manicomio, da dove effettivamente provengono le
brande.
In realtà è però la traduzione, visiva e materiale, dei
ricordi di Tosatti, venuti a galla per rapide associazioni. Uno spazio che ha
richiamato una stanza d’ospedale, che a sua volta ha richiamato una malattia,
quella della nonna dell’artista e, a cascata, una serie di assonanze personali.
Che trasformano gli oggetti in nuovi e intimi simboli.
che indagavano una sfera molto più ampia, quella, appunto, “devozionale”,
spirituale. Un campo esplorato attraverso il Vangelo, “il testo archetipo della
cultura occidentale moderna, da cui parte anche la relativa definizione
dell’uomo”, spiega Tosatti.
Le considerazioni sugli intenti della mia prima comunione restano lettera morta nasce perciò dalla naturale evoluzione di Devozioni e approfondisce una sfera molto
più ristretta, quella intima dell’artista. “Penso di aver capito meglio
cos’è l’uomo. E io chi sono, dunque? Tracciato il perimetro dell’uomo,
tracciamo ora l’area di chi sono io”. È la fondamentale premessa che ha spinto Tosatti in
questo nuovo ambito. Uno spostamento materialmente esplicitato con l’inserimento
di alcuni oggetti, utilizzati per dar “voce” all’ambiente.
Quello di Genazzano era un piccolo spazio nascosto,
dimenticato, che però ha subito “parlato” all’artista. Come in un flash, quell’antro ha
rivelato a Tosatti segrete corrispondenze. A sottolineare la dimensione di
ricordo, quindi di qualcosa di nascosto, ha inserito un’edera che si avvinghia
alla grata del cancello. Solo toccandola ci si accorge dell’artificio, perché
in realtà è realizzata in legno.
Sbirciando tra le foglie, fra le ombre della memoria,
anche al visitatore lo spazio racconta la propria storia, e diversi sono gli
inganni in cui si cade. Per esempio, sentire il profumo “corrotto” del muschio
che ricopre, come una patina, gli oggetti sistemati nella piccola stanza. Come
in una dimensione onirica, dove il paradosso diventa normalità e la memoria
distorce il ricordo, i letti fluttuano sulle pareti. E sembra di trovarsi,
così, di fronte a una stanza di manicomio, da dove effettivamente provengono le
brande.
In realtà è però la traduzione, visiva e materiale, dei
ricordi di Tosatti, venuti a galla per rapide associazioni. Uno spazio che ha
richiamato una stanza d’ospedale, che a sua volta ha richiamato una malattia,
quella della nonna dell’artista e, a cascata, una serie di assonanze personali.
Che trasformano gli oggetti in nuovi e intimi simboli.
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dal 23 maggio al 30
novembre 2009
Gian
Maria Tosatti – Le considerazioni sugli intenti della mia prima comunione
restano lettera morta
a cura di Claudio Libero Pisano
CIAC – Centro Internazionale per l’Arte Contemporanea – Castello Colonna
Piazza San Nicola, 4 – 00030 Genazzano (Roma)
Orario: da venerdì a domenica ore 10-13 e 16-20 o su appuntamento
Ingresso: € 5
Info: tel. +39 069579010; mob. +39 3383039299; fax +39 0687450492; press@castello-colonna.it; www.castello-colonna.it
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